Clint Eastwood

Cry Macho - Ritorno a casa

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Così com’era stato per Robert Redford in Old Man & the Gun e ancor prima, molto prima, per il John Wayne del Pistolero, il divo con la sua storia fagocita il personaggio e la vicenda narrata, rendendo la distinzione tra vita e arte una pratica utile soltanto ad analisi onanistiche. Se i due esempi citati erano però, rispettivamente, un sentito omaggio giunto come canto del cigno e un crepuscolare intreccio metanarrativo, Cry Macho, pur toccando ferro nel tentativo di non menare gramo, è soprattutto il compendio di una vita.

Eastwood torna a mettere se stesso in scena dopo la pausa di Richard Jewell, come se la strada di The Mule non si fosse mai davvero interrotta. Pare ancora più curvo, con articolazioni lievemente più legnose ma il suo è un lungo romanzo personale, in cui il regista, seppur indirettamente, racconta la star e ne mostra il parallelo percorso esistenziale e artistico. Perché sì, Cry Macho è tratto da un libro di N. Richard Nash basato su un duplice percorso, di crescita per Rafo, il protagonista adolescente, e di redenzione rispetto a un passato glorioso che ha lasciato solo macerie in Mike Milo, il personaggio interpretato da Eastwood. Nel film, tuttavia, le due evoluzioni appaiono più rapide e sfumate e non solo per l’esiguità dello spazio a disposizione per uno sviluppo credibile, ma anche perché, sostanzialmente, a Eastwood interessa relativamente. Ciò di cui si preoccupa, giunto a superare brillantemente ― a dispetto dell’andatura rigida e arcuata ― i novant’anni, è fare un salto a ritroso e rivedere se stesso retrospettivamente, come uomo, come attore e autore di film.

Eastwood lavora su un doppio terreno. Da un lato sceglie la sua forma classica consueta, rivestita questa volta da una fragranza tardo Seventies, che non a caso è anche il periodo in cui è ambientato il film. Complice poi il fatto che sulla strada, nel corso della sua carriera, s’è ritrovato molte volte e spesso nelle veci di guida paterna, anche in quel capolavoro chiamato Un mondo perfetto, nel quale svolgeva il ruolo per procura, inseguendo (nel film) e dirigendo (come regista) Kevin Costner, il viaggio da Città del Messico al Texas in compagnia di un tredicenne in qualche modo da salvare, anche da se stesso, è vissuto guardando metaforicamente attraverso lo specchietto retrovisore. In quest’ottica, Cry Macho è un film senile, assolutamente conscio di essere tale, perfettamente a suo agio nel tracciare alcuni bilanci e nel rivelarli come se fossero una confessione intima. Alcune prese di coscienza erano già comparse nel corso del tempo, anche se il revisionismo era rivolto più a dinamiche narrative che personali (ad esempio l’indimenticabile «I meriti non c’entrano in queste storie», espresso subito prima di sparare il colpo letale in piena faccia a Gene Hackman e al pubblico ne Gli spietati), mentre in questo caso, sentir dire con amara saggezza che «il machismo è sempre stato sopravvalutato» e che «la vecchiaia ti fa realizzare di non avere tutte le risposte che pensavi di avere prima», ha il netto sapore di un’ombra che si allunga su un’intera carriera come se fosse una tagline definitiva.

Malgrado il tema del viaggio, l’inevitabile inseguimento, la polizia che incombe e un padre che potrebbe aver manipolato la missione stessa per interessi economici e non affettivi, il film ignora quasi del tutto l’azione per scorrere su binari elegiaci come una ballata vespertina. E questo tono costantemente soffuso, lo scambio generazionale, i vuoti esistenziali che si colmano vicendevolmente seduti nell’abitacolo di un pick-up o nel ristorante di un’affascinante vedova rappresentano i punti di forza poetica di un lavoro che sul piano logico ha ben più di una mancanza. Perché Eastwood è indiscutibilmente una leggenda vivente e una riflessione metanarrativa su se stesso spazza via completamente il campo a qualunque rilievo fin troppo evidente si possa addebitare alla sceneggiatura (firmata dallo stesso Nash autore del romanzo e dal Nick Schenk di Gran Torino e The Mule). Lo script, infatti, inanella una dietro l’altra alcune situazioni non del tutto giustificabili (perché Mike Milo viene cacciato in malo modo l’anno prima dal boss Howard Polk e poi assunto per un nuovo incarico solo l’anno successivo?), imbarazzanti (la madre di Rafa, mantide tentacolare, che tenta di irretire Milo ― vero che Eastwood è più in forma di molti cinquantenni di mia conoscenza, ma pur sempre di un ultranovantenne si tratta) o del tutto scontate (il gallo da combattimento come deus ex machina quando la situazione non può essere risolta altrimenti).

Eppure, nonostante tutto, Cry Macho ha il sapore romantico di un malinconico ultimo giro di valzer mentre fuori scende il tramonto, come sottolineato dall’ultima inquadratura del film, preceduta altrettanto consapevolmente da un sottofinale fordiano, in cui Eastwood osserva a distanza il ricongiungimento padre-figlio (autentico? per interesse? ma importa davvero?) restando all’interno del confine messicano, escludendosi forse per sempre dall’epica a stelle e strisce per concedersi la poesia di un intenso momento di passione intima.


 

Cry Macho - Ritorno a casa
Usa, 2021, 104'
Titolo originale:
Cry Macho
Regia:
Clint Eastwood
Sceneggiatura:
Nick Schenk, N. Richard Nash (dal romanzo omonimo di N. Richard Nash)
Fotografia:
Ben Davis
Montaggio:
Joel Cox, David Cox
Musica:
Mark Mancina
Cast:
Clint Eastwood, Eduardo Minett, Natalia Traven, Dwight Yoakam, Fernanda Urrejola, Horacio Garcia-Rojas
Produzione:
Malpaso Productions, Warner Bros. Pictures
Distribuzione:
Warner Bros. Italia

Texas, 1980. Ritiratosi dalle scene, l’ex star del rodeo Mike Milo viene incaricato dall’amico Howard Polk di riportare a casa il figlio tredicenne, Rafo, da tempo a in Messico con la madre. Una volta giunto a Città del Messico, Mike viene a sapere che Rafo è diventato un piccolo criminale, ma riesce comunque a convincerlo a seguirlo in Texas, salvo essere bloccato dalla madre del ragazzo, Leta. Ripartito solo, Mike scopre che in realtà Rafo si è intrufolato nel suo pick-up e prosegue con lui verso la frontiera. Inseguiti dagli scagnozzi di Leta, i due hanno modo di conoscersi e raccontarsi le reciproche vite, comprese le violenze subite dal ragazzo dal patrigno e la morte in un incidente della moglie e del figlio di Mike. Il viaggio pieno d’insidie e incontri darà modo a entrambi di fare i conti con sé stessi e il futuro che li aspetta.

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