Mounia Meddour

Houria - La voce della libertà

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Su una terrazza nordafricana affacciata sul Mediterraneo, una giovane ballerina dalle punte e dai piedi consumati danza sulle note di una musica che non possiamo sentire, ma arriva comunque alle nostre orecchie. È impossibile, infatti, non riconoscere in quei gesti ondulati delle braccia e in quegli sguardi perforanti la coreografia del Cigno protagonista del ben noto balletto russo. Houria, questo è il nome della danzatrice, è algerina e per mantenersi lavora come donna di servizio in un albergo; frequenta una modesta scuola di danza che le ha assegnato il ruolo principale del Cigno nello spettacolo che lei e le sue compagne stanno preparando.

L’allenamento, il lavoro, la prosaicità del quotidiano compongono il mosaico di un’esistenza fatta di sole donne, in cui gli uomini buoni (come il padre scomparso) vivono soltanto nelle fotografie. Gli uomini in carne ed ossa sono invece all’origine del trauma. Per comprare un’automobile alla madre, Houria scommette sugli esiti dei combattimenti clandestini tra arieti, uomini-arieti, che conoscono solo il confronto, e lo scontro, fisico, uomini come il terrorista “pentito” che una di quelle sere la aggredisce, privandola per sempre della possibilità di fare della danza una carriera. Come lei, divenuta muta in seguito all’aggressione, altre donne hanno subito analoghe violenze; Houria le incontra durante il percorso di riabilitazione e decide di insegnare loro a danzare fondando una scuola ispirata al metodo coreutico-teatrale del Théâtre du Corps.

È appunto il corpo lo spazio nel quale si gioca il destino della ragazza e delle sue compagne, un corpo che, grazie alla danza e al linguaggio dei segni, prende il posto della voce perduta. È un corpo che si libera in fretta della dicotomia tra cigno bianco e cigno nero, tra l’essere solamente una vittima e l’adeguarsi ai meccanismi patriarcali di sopraffazione, per tentare di ritagliarsi uno spazio di libertà nell’espressione viscerale del proprio dolore e della propria rabbia.

Questo desiderio di emanciparsi, di trovare un posto nel mondo, non si pone in relazione soltanto alle vicende personali, ma anche a un Paese ostile e – forse peggio – indifferente, del quale viene ricostruita la storia sul filo conduttore delle violenze maschili, sistematicamente consentite e giustificate. I corpi feriti di Houria, Halima, Sana, sono il corpo ferito dell’Algeria, che non ha saputo fare i conti con la propria storia. Così come negli anni ’90, durante la guerra civile, gli estremisti islamici sorvegliavano la vita e le abitudini delle donne, nel presente sono gli scafisti a offrire loro l’unica alternativa all’invisibilità, sfruttandone a caro prezzo la disperazione.

Mounia Meddour tratteggia l’immagine di un Paese che a ben vedere potrebbe essere ogni luogo in qualsiasi periodo storico; un mondo in cui gli uomini godono dell’appoggio della comunità e delle istituzioni, mentre le donne possono contare solamente sul supporto reciproco. L’unico modo per tentare di sottrarsi alle prevaricazioni maschili, risolvendo per quanto possibile il proprio trauma e trovando una dimensione, seppure circoscritta, di libertà è dunque un’idea di collettività al femminile. Ma anche questo modello, in quanto confinato e autoreferenziale, finisce per perdere il proprio slancio emancipatorio, e lo sforzo di Houria e delle altre diventa poco incisivo, così come la metamorfosi del suono e della voce in corpo e in movimento. Finché si torna nel punto di partenza, sulla stessa terrazza in cui il film è cominciato: quei corpi, che nella gestualità espressiva hanno trovato la propria voce, possono raccontarsi liberamente soltanto in uno spazio circoscritto, lontano dalla città che ancora una volta li ha respinti; fuori da quella dimensione pubblica e politica che avrebbe potuto permettere al loro teatro del corpo di avere finalmente un destinatario, e che li lascia invece chiusi in se stessi, privi di interlocutore.

Houria - La voce della libertà
Francia, Algeria, 2022, 104'
Titolo originale:
Houria
Regia:
Mounia Meddour
Sceneggiatura:
Mounia Meddour
Fotografia:
Léo Lefèvre
Montaggio:
Damien Keyeux
Musica:
Maxence Dussère, Yasmine Meddour
Cast:
Lyna Khoudri, Rachida Brakni, Nadia Kaci, Hilda Amira Douaouda, Meriem Medjkane, Zahra Manel Doumandji, Sarah Hamdi
Produzione:
The Ink Connection, High Sea Production
Distribuzione:
I Wonder Pictures

Algeri. Houria, giovane e talentuosa ballerina, subisce una violenta aggressione che le strappa, insieme al sogno di una carriera nella danza, la voce. Solo grazie al supporto di un gruppo di donne che hanno vissuto esperienze simili alla sua, potrà imparare a rimettersi in piedi e troverà, proprio nella danza, un nuovo modo di esprimersi, un silenzioso grido di libertà capace di sollevarsi con forza fino al cielo. 

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