Il verdetto - The Children Act

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Sin dall’inizio del caso giudiziario narrato in Il verdetto, adattamento del romanzo di Ian McEwan The Childen Act, in Italia tradotto con il titolo La ballata di Adam Henry, a imporsi con forza è l’antinomia della scelta libera contro l’agire vincolato, l’eterno dilemma del libero arbitrio. Fino a che punto, cioè, l’essere umano può considerarsi sciolto dalle imposizioni di altri individui, dai principi di una religione, da dogmi morali, da un sistema di pensiero, da un atto di legge? Fino a che punto il suo agire è da considerarsi libero, autonomo, assoluto?

Il quesito è evidentemente di difficile risoluzione, e nella trama sviluppata dal film viene posto nei medesimi termini paradossali con cui la nostra esistenza di esseri umani deve spesso scontrarsi. Adam Henry è subordinato a una legge, inadeguata perché astratta, che lo considera “bambino”, quindi incapace di prendere decisioni in autonomia. Eppure, grazie a quella stessa legge viene salvato dalle proprie supposte credenze, dalla setta religiosa i cui assurdi e infondati dogmi gli erano stati impressi sin da piccolo. Viene salvato, dopotutto, dalla morte quasi certa. 

Nondimeno, il peso della scelta compiuta da qualcun altro, o da qualcos’altro, da un’autorità a lui superiore, si fa sentire con impensabile gravosità, nelle inquadrature a plongée sempre più schiaccianti, nonché nell’insistenza opprimente con cui Adam tenta di affidarsi alla presunta saggezza assoluta del giudice che lo ha salvato e liberato, e dalla medesima sapienza avere risposte alle proprie domande, opinioni sulla propria vita e sul proprio operato. Vedere in essa e nella persona che la incarna, cioè, una figura legittima da sostituire al dio traditore che gli avrebbe impedito di sopravvivere; ai genitori che avrebbero sacrificato il loro unico figlio; a una legge fredda e distaccata che reputa bambino un ragazzo di quasi diciotto anni, sottoponendo la sua decisione a quella di un tribunale, di una giustizia che delibera oggettivamente e collettivamente, ingiustamente svincolata dal caso umano. 

Su chi fare affidamento, dunque, chi avere come punto fermo per iniziare una vita nuova, libera dai fantasmi di un’esistenza opprimente e dipendente da persone ed entità non degne? La risposta di Adam è comprensibilmente Fiona, la giudice che ha stabilito il suo destino, rappresentante sì di quel medesimo sistema giuridico, ma al contrario desiderosa di andare a fondo, di rapportarsi con l’umano, e di chiamarlo per nome. Eppure, l’unica ancora di salvezza è una persona comprovatamene restia ad accettare la responsabilità di un’altra vita (a partire da quella del marito trascurato), incapace di far fede alle proprie stesse parole pronunciate nel verdetto di Adam: «Life is more precious than dignity»; le sue mani legate, ipocritamente, da una dignità professionale che ha sempre posto davanti al resto, con i rimpianti che si porta appresso, a partire dai figli desiderati ma mai avuti. E ora, davanti alla concreta possibilità di cambiare le sorti di un ragazzino che vede in lei l’unica autorità degna di fiducia, il rifiuto categorico a nome di una reputazione, di un presunto codice etico che sembra dettar legge su ogni aspetto della sua vita, e che, da ultimo, la imprigiona nel suo stesso agire. 

Ma il rifiuto di Fiona è forse necessario a svincolare definitivamente Adam, a renderlo concretamente libero. Libero di decidere per sé stesso, e libero di pronunciare quelle due parole che mai, nei precedenti diciotto anni di vita, aveva conosciuto: «My choice», scandisce alla donna che lo ha rifiutato, su quello stesso letto d’ospedale in cui l’aveva incontrata e subito ammirata, quell’esatto giorno in cui aveva insistito a chiamarla “My Lady”, come gli adulti si rivolgono a un giudice, teoricamente esperto di saggezza e morale.  

Il dualismo esperienza e saggezza contro giovinezza e ingenuità, riproposto dalla poesia di Yeats cantata da Fiona e Adam al loro primo incontro, è però inaspettatamente rovesciato, invertito rispetto ai personaggi cui dovrebbe, per logica, riferirsi: non è Fiona, bensì Adam, in fin dei conti, a dare lezioni di vita. La donna, seppure adulta anagraficamente, è al contrario il personaggio foolish”, ingenuo, segnato dai rimpianti di esperienze mai avute e incapace per questo di “prendere la vita come viene”. Incapace, legata da regole e codici opprimenti, di vivere propriamente il dono della vita e di accogliere quella degli altri. 

She bid me take life easy,
as the grass grows on the weirs:
but I was young and foolish,
and now I am full of tears.

Nell’atto finale, davanti al ragazzo e poi al marito – due persone ugualmente importanti ma allo stesso modo rifiutate – pesante come il rimpianto si delinea il destino sofferente narrato dalla tanto amata canzone: «E ora non mi restano che lacrime».

Il film di Richard Eyre offre una riflessione e una catarsi, un invito a liberarsi dalla schiavitù del pensiero imposto; è celebrazione della libertà in un mondo oggi prigioniero, controllato da autorità illegittime capaci tuttavia, come una setta religiosa, senza alcun fondamento, di indottrinare le masse, troppo pigre per formulare opinioni individuali, cieche di fronte alla realtà dei fatti, alla verità nascosta sotto la crosta dura di falsi ideali e di azioni prescritte.

Il verdetto - The Children Act
GB, 2017, 105'
Titolo originale:
The Children Act
Regia:
Sceneggiatura:
dal suo omonimo romanzo (in Italia noto come "La ballata di Adam Henry"), Ian McEwan
Fotografia:
Andrew Dunn
Montaggio:
Dan Farrell
Musica:
Stephen Warbeck
Cast:
Ben Chaplin, Emma Thompson, Fionn Whitehead, Stanley Tucci
Produzione:
Bbc Films, FilmNation Entertainment, Toledo Productions
Distribuzione:
Bim Distribuzione

L'eminente giudice dell'Alta Corte britannica Fiona Maye è chiamata a prendere una decisione cruciale nell'esercizio della sua funzione: deve obbligare Adam , un giovane diciassettenne che nel giro di poche settimane diventerà maggiorenne, a sottoporsi a una trasfusione di sangue che potrebbe salvargli la vita. Il ragazzo è però rigido osservante dei precetti dei Testimoni di Geova e rifiuta di farsi fare la trasfusione. In deroga all'ortodossia dell'etica professionale, Fiona sceglie di andare a far visita ad Adam in ospedale. Quell'incontro avrà un profondo impatto su entrambi, suscitando nuove e potenti emozioni nel ragazzo e sentimenti rimasti a lungo sepolti nella donna.

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