Phyllida Lloyd

La vita che verrà - Herself

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In un film di denuncia sociale vi è un confine molto labile fra ciò che dovrebbe essere il sollevare una riflessione su una problematica di fondo e il voler impartire una lezione. Lo sa molto bene Ken Loach, regista che da sempre ha posto al centro delle sue opere individui appartenenti allo strato più basso della società inglese attraverso le cui storie affrontare problemi sociali e politici nevralgici per il suo paese, ma non solo. Più recentemente la regista portoghese Ana Rocha de Sousa in Listen ha affrontato con piglio analogo - ma con lo sguardo esterno di uno straniero - un tema come quello della condizione degli immigrati in territorio inglese oggi alle prese con un modello di servizi sociali ermetico e inadeguato.

In questa linea di cinema sociale si inserisce anche Phyllida Lloyd che però sembra non cogliere il limite labile di cui si diceva finendo per far scivolare il suo film in un accentuato moralismo didascalico. Al centro della vicenda c’è Sandra, madre di due bambine che dopo aver subito violenze dal marito decide di portare via le figlie e di costruire per loro una casa da zero, dalla progettazione alla realizzazione. La donna inizia così la sua avventura, barcamenandosi fra diversi lavori e dovendo necessariamente avere a che fare di tanto in tanto con l’ex marito violento.

Le prime sequenze presentano un quadro spensierato e disincantato che ricorda per certi versi la freschezza di The Florida Project di Sean Baker: la danza con le figlie, il gioco del farsi truccare, la complicità – elementi che però lasciano presto il posto alla violenza e alla brutalità schizofrenica del marito, alla quale Sandra cerca continuamente di sfuggire proteggendo, sia fisicamente che mentalmente, lei e le bambine. Questo è il motore della sua rivalsa: grazie al supporto e all’aiuto di altre persone in difficoltà, Sandra prende il coraggio di sottrarsi a quella dinamica di sopraffazione e inizia a costruire l’abitazione che, oltre a rappresentare per loro un vero e proprio rifugio dalle minacce esterne, acquisterà una forte importanza metaforica diventando il simbolo della ricostruzione della sua vita.

Se l’idea narrativa ha una sua coerenza, l’ambizione della regista di declinare in versione pop la denuncia di tematiche molto attuali e centrali nel dibattito sociale contemporaneo, fallisce però miseramente e La vita che verrà – Herself finisce per annacquare ogni intento di analisi, riflessione o problematizzazione in un’eccessiva impostazione didattica (enfatizzata dalla scelta musicale decisamente stucchevole) che tiene lo spettatore distante senza riuscire nell’intento di un qualunque tipo di coinvolgimento come farebbe un cattivo maestro.


 

La vita che verrà - Herself
Irlanda,UK,, 2020, 97'
Titolo originale:
Herself
Regia:
Phyllida Lloyd
Sceneggiatura:
Clare Dunne, Malcolm Campbell
Fotografia:
Tom Comerford
Montaggio:
Rebecca Lloyd
Musica:
Natalie Holt
Cast:
Molly McCann, Clare Dunne, Ruby Rose O'Hara, Ian Lloyd Anderson, Shadaan Felfeli, Harriet Walter, Cathy Belton, Art Kearns, Ericka Roe, Anita Petry
Produzione:
Element Pictures, Bbc Films, Merman Films, British Film Institute, Screen Ireland
Distribuzione:
Bim Distribuzione

Dopo tanto tempo, Sandra trova finalmente il coraggio di fuggire con le sue due figlie da un marito violento. In lotta contro una società che sembra non poterla proteggere e con l'obiettivo di creare un ambiente accogliente per le bambine, decide di costruire da sola una casa tutta per loro.

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