Raccontare per immagini le donne che hanno fatto la Resistenza è un progetto ambizioso. Se già scrivere un libro su coloro che hanno liberato e ricostruito l'Italia potrebbe risultare complesso, per mancanza di fonti e documentazione, farne un film diventa un'impresa quasi titanica.
70.000 sarebbero, stando ai dati, le donne coinvolte – più o meno attivamente – nella lotta al fascismo. Donne che hanno sì, come ci viene insegnato a scuola, supportato gli uomini e fatto la spola tra una postazione partigiana e l'altra portando messaggi (la cosiddetta “staffetta”), ma anche donne che hanno imbracciato fucili, trasportato armi, sfidato la paura, sovrastandola col coraggio d'essere libere, di ottenere, grazie al proprio contributo, una nuova Italia in cui poter essere alla pari (per diritti e doveri) dei “compagni” dell'altro sesso. Già all'epoca più della metà della popolazione, queste donne erano ovunque: nella guerriglia, nelle decisioni, nella lotta operaia, eppure non sono quasi mai presenti nei video d'epoca, nelle foto, nelle testimonianze e nei riconoscimenti (alcune di loro sono state premiate solo nel 2016). Invisibili, dimenticate dalla storia, hanno mosso pedine e tirato fila alla pari degli uomini. In più la Resistenza, per loro, ha significato scoperta dei propri diritti e del proprio valore: è stata liberazione (prima ancora dell'avvento del femminismo) della sessualità e emancipazione attraverso il lavoro.
Questo è ciò che Libere di Rossella Schillaci cerca di indagare e mostrare, attraverso il montaggio di filmati d'epoca, negativi fotografici e giornali, reperiti nell'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza – ANCR. Documenti accompagnati dalla voce di venti resistenti, tra cui Joyce Lussu, Ada Gobetti, Bianca Guidetti Serra e Giuliana Gadola Beltrami.
Una nuova, sudata, libertà, subito disattesa col dopoguerra, col ritorno in fabbrica degli uomini, con la restaurazione di un'immagine femminile di madre e “angelo del focolare” (di cui le pubblicità si rivelano più grandi portavoce). E ancora, nonostante il diritto al voto, della supremazia politica maschile, che ha relegato quelle stesse donne partigiane in sezioni femminili di partito, buone solo per il volantinaggio e la propaganda. Una speranza immediatamente tradita, che le ha cancellate dalla storia e dal suo corso.
E questa invisibilità è un abito difficile da togliere di dosso. La sensazione, anche guardando Libere, è quella che – nonostante la buona volontà progettuale e registica – forse non sarà mai davvero possibile conoscere a fondo un pezzo di storia che è stato per lungo tempo sotterrato e dimenticato. Schiacciate dalla forza propagandistica delle femministe, queste donne di Resistenza non avranno forse mai modo di raccontare a fondo (e non per accenni) la loro liberazione sessuale e lavorativa. Oppresse dal peso dell'assenza, non saranno forse mai completamente riabilitate nel loro ruolo dall'immagine cinematografica. Ci sarà forse sempre un tassello mancante, nel film iconicamente rintracciabile nella costante asincronia tra immagine e voce, che talvolta arriva anche a cozzare drammaticamente: donne che avrebbero preferito non essere madri, per potersi donare totalmente alla causa partigiana senza vincoli o ripensamenti, definiscono il loro patriottismo sullo sfondo di filmati in cui bambini sono protagonisti. È la forza di un'etichetta di cui, forse, la donna italiana non ha ancora saputo liberarsi.
Qual è stato il ruolo delle donne nella Resistenza italiana? Il film racconta, con le voci delle protagoniste, cosa ha significato quel periodo di lotta, combattuta insieme agli uomini ma anche e soprattutto per la loro stessa liberazione.
Attraverso un montaggio suggestivo di film d'archivio, estrapolando un filo narrativo dalle interviste a partigiane, realizzate negli ultimi quarant’anni dall'Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, emerge una precisa visione di quel periodo, “rivissuto” nella memoria e nei ricordi, a cui si fa risalire, per molte di loro, la prima vera nascita del femminismo, dove la lotta è vista anche come emancipazione e ricerca di libertà, dove si acquista una maggiore libertà sessuale e si richiede la parità nel lavoro e nella famiglia.