Ferzan Ozpetek

Napoli velata

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Un movimento avvolgente, elegante, quasi una vertigine (ma a salire, non a cadere). Un omicidio sul pianerottolo, come in un un giallo italiano d'antan. Una scena di sesso infinita, cruda, appassionata. In mezzo, un “mistero” alla napoletana, la “figliata dei femminielli”, in tableau vivant, con un velo steso tra la scena e la macchina da presa, per dire ciò che preferiamo non vedere, per nascondere simbolicamente ciò che si intende rivelare.

Comincia così il nuovo film di Ferzan Ozpetek, forse il più ambizioso della sua intera cinematografia. È velato anche il Cristo di Giuseppe Sanmartino, un velo che in realtà rivela il corpo, lo sottolinea, espone il cadavere, l'oscenità della morte. Quasi più vero dei corpi nudi, morti, esposti al nostro sguardo, lungo la trama complicata (velata, che espone ciò che è nascosto, segreto). La protagonista Adriana, infatti, è un medico legale. Che vive la gioia sfrenata, la verità del piacere liberato, con un uomo, Andrea, incontrato per caso, uno abituato a esplorare la profondità del mare, a raccogliere tesori sommersi. E che poi si ritrova dentro una vita-sepolcro, ad affrontare una tragedia assurda e un enigma surreale, vagamente misterico.

Corpi vivi, sensuali, corpi martoriati o fantasmatici, corpi che sono statue o fotografie. Amore e morte, ancora una volta. Occhi che non possono vedere (i ciechi che percorrono le strade di Napoli) e occhi come oggetto-feticcio. Temi alti, suggestioni ricercate, dentro una ballata barocca e vajassa (sguaiata), un po' thriller e un po' melodramma, in una città di Napoli viscerale e superba, che è donna, madre, anzi matrigna che divora i suoi figli.

Chiamatelo mistery. Un viaggio dentro la mente di una donna che assomiglia a una città. Che qui si fa noir e là telenovela. Che si perde tra digressioni folkloristiche, sotto-trame un po' maldestre, personaggi che appaiono e scompaiono come in uno spettacolo di cabaret (la sibilla, ad esempio), e quando si ritrova ha ormai disperso, dissipato, l'energia e la tensione accumulate nella prima parte. Giovanna Mezzogiorno e Alessandro Borghi reggono bene la scena, Peppe Barra è una forza della natura (ma è come pennellare di “napolitanità” un film a tratti quasi astratto in cui Napoli più che un luogo è un'idea), Anna Bonaiuto fa il suo, come la coppia di streghe formata da Lina Sastri e Isabella Ferrari, eppure c'è sempre qualcosa di troppo o troppo poco nella scrittura dei personaggi.

Quando Ozpetek sembra cercare l'eccesso, non riesce mai ad abbandonarsi fino in fondo, limitandosi a fare del “colore”, innocuo, illustrativo, anche un po' ridondante. E se ripensi a certe sequenze, sembrano più che altro evocazioni cinematografiche, mini-film ispirati a questo o quello (padri nobili e piaceri segreti), quasi a voler apparecchiare un film teorico. Rimangono l'audacia e una certa malìa, una specie di incantamento. La verità va sentita, più che guardata chiaramente, razionalmente. L'occhio inganna, il cinema tradisce, vela, e alla fine rivela. 

Napoli velata
Italia, 2017,
Regia:
Ferzan Ozpetek
Sceneggiatura:
Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli, Valia Santella
Fotografia:
Gian Filippo Corticelli
Montaggio:
Leonardo Alberto Moschetta
Musica:
Pasquale Catalano
Cast:
Alessandro Borghi, Angela Pagano, Anna Bonaiuto, Biagio Forestieri, Carmine Recano, Giovanna Mezzogiorno, Isabella Ferrari, Lina Sastri, Loredana Cannata, Luisa Ranieri, Maria Pia Calzone, Peppe Barra
Produzione:
R&C Produzioni
Distribuzione:
Warner Bros. Italia

Un incontro. Un delitto. Una città piena di segreti. In una Napoli sospesa tra magia e superstizione, follia e razionalità, un mistero avvolge l’esistenza di Adriana travolta da un amore improvviso e un delitto violento.

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