Mathieu Amalric

Stringimi forte

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Fin dagli esordi come attore a metà anni ’90, con il primo ruolo da protagonista in Comment je me suis disputé... (ma vie sexuelle) di Desplechin dopo una decina d’anni di lavoro sui set, la carriera da regista di Mathieu Amalric è corsa in modo parallelo indipendente, come una riflessione a parte con tempi inevitabilmente più lenti e dilatati. Eppure è bello pensare che ci sia qualcosa in comune fra lo sguardo vivido e febbrile dell’Amalric attore – quel volto eternamente fanciullesco e vorace – e l’immediatezza scombinata e avventurosa dell'Amalric regista, che dai tempi dell'opera prima Mange ta soupe (1996) ha diretto in tutto otto film e si è costruito una filmografia di tutto rispetto.

Il continuo movimento, la frenesia e l’inquietudine di tanti personaggi interpretati da Amalric si ritrovano anche nella protagonista di Stringimi forte, il suo film finora più compiuto, il più maturo dal punto di vista della costruzione, liberamente tratto da una pièce di Claudine Galéa, Je reviens de loin, che dal testo di partenza eredita l’idea di frammentarietà, di viaggio, di costruzione composita.

Il film inizia con una donna che di primissima mattina abbandona la famiglia: il marito che dorme al suo fianco e la figlia e il figlio ancora bambini addormentati nei loro lettini. Poi la donna, che si chiama Clarissa e ha una trentina d'anni, sale a bordo di una vecchia macchina e senza sapere bene dove andare comincia a guidare, ripensando alla sua vecchia vita, ascoltando canzoni in un mangiacassette, arrivando in posti di mare e di montagna, fuggendo da sé stessa e andando incontro agli altri, mentre a casa il marito e i figli proseguono senza di lei, più cresciuti e più estranei di come li aveva lasciati, abituatisi alla sua assenza, a volta comportandosi non solo come se lei non ci fosse, ma come se non fosse mai esistita. E poco alla volta, nel flusso del racconto imbastito dal film, diventa sempre più evidente il fatto che qualcosa non torni, che all’origine della fuga di Clarissa ci sia qualcosa di misterioso, un evento traumatico, uno shock, un vuoto che l'ha costretta a sparire.

In Stringimi forte le scene si accavallano e si generano le une dalle altre con soluzioni di montaggio a volte, va detto, fin ingenue nella loro evidenza formale; le proiezioni mentali di Clarissa – i suoi ricordi, le sue ipotesi, i suoi desideri – hanno lo stesso grado di realtà della tragedia che ha messo fine alla sua vita – in alta montagna, d’inverno, durante una vacanza con la famiglia sui Pirenei – con un effetto di confusione e straniamento che disperde la verità in un caos narrativo di scene libere e arbitrarie.

Stringimi forte è la storia di un trauma da elaborare, eppure non è un film sulla morte. Anzi, è il tentativo di un cineasta disordinato e istintivo di sostituire al dolore paralizzante del lutto (Amalric ha dichiarato di essersi ispirato a Ritorno a casa di De Oliveira) il lavorio incessante del cinema, la sua vitalità, e dunque il passaggio da una scena dall’altra, da un’immagine all’altra, con la protagonista che per scacciare i propri fantasmi sceglie di farsi lei stessa fantasma, una figura estranea che spia e tormenta la vita dei figli; una donna che inventa le vite che i suoi amori non potranno avere, tra oggetti comuni trasformati in simboli (l’auto come una macchina dal tempo, le polaroid mescolate come le scene del film, il pianoforte usato come tramite con la figlia…) ed eventi casuali, come la visione in tv di un documentario su Martha Argerich, che creano improbabili, strazianti, bellissime trame alternative al corso ingiusto della vita…

Il cinema da regista di Mathieu Amalric è un lavoro in continua evoluzione, figlio della solitudine e della frustrazione creativa (Tournée), dell’idea di fallimento e di eterno inseguimento della realtà (Barbara) e ora con Stringimi forte – dove tornano il tema della morte di Mange ta soupe e la figura della donna estranea di Le stade de Wimbledon – della resistenza al buio, al silenzio, allo sguardo fisso nel vuoto.

Quello sguardo – lo sguardo di Amalric attore e regista e lo sguardo della straordinaria Vicky Krieps, che regge il film sulle sue spalle e può esserne considerata a tutti gli effetti la co-autrice – non si fermerà mai per continuare a spostarsi e così continuare a perdersi.


 

Stringimi forte
Francia, 2021, 97'
Titolo originale:
Serre moi fort
Regia:
Mathieu Amalric
Sceneggiatura:
Mathieu Amalric
Fotografia:
Christophe Beaucarne
Montaggio:
François Gédigier
Musica:
Olivier Mauvezin, Martin Boissau, Nicolas Moreau, Stéphane Thiébaut
Cast:
Vicky Krieps, Arieh Worthalter, Anne-Sophie Bowen-Chatet, Sacha Ardilly, Juliette Benveniste, Aurèle Grzesik, Aurélia Petit, Erwan Ribard, Cuca Bañeres Flos, Samuel Mathieu, Jean-Philippe Petit, Clémentine Carrié
Produzione:
Les Films du Poisson
Distribuzione:
Movies Inspired

Clarisse, una donna sposata e con due bambini, una mattina si sveglia con una decisione fissa nella testa: andare via. È così che prepara le valige, si mette in macchina e parte, lasciando la sua famiglia e il suo tetto. Tra ricordi e flashback, durante il viaggio in auto si delinearà la storia di Clarisse, la ragione che l'ha portata ad abbandonare la famiglia o forse, viceversa, la famiglia ad abbandonare lei...

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