Michel Franco

Sundown

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Ci sono dei pesci appena pescati, che boccheggiano sul pontile sotto il sole. E Tim Roth che li osserva, anche lui sotto il sole, spesso a pelo d’acqua. E Charlotte Gainsbourgh, e due bei ragazzi, e margarita all’ora di pranzo, serviti dal personale messicano molto azzimato di un resort lussuoso. Mare, sole, silenzio, tempo di vacanza e di rare parole, fuori dal mondo. Finché il mondo non irrompe con una brutta notizia da casa (Londra) e la ricca (ricchissima) famiglia Bennett deve precipitosamente rientrare.

Tutti tranne Neil (Roth, appunto), che con una scusa resta e s’immerge nella vita, nel rumore, nella folla: piedi a mollo nell’acqua, seduto su una sedia in una spiaggia centrale di Acapulco, una birra dietro l’altra, trascina la sua laconica presenza tra un incontro e l’altro, continuando a mentire a Gainsbourgh che lo chiama da casa e godendosi quel calore e quel rumore che finalmente lo circondano. Ogni tanto, stacco sul cielo azzurro e sul sole che brilla implacabile.

Parte così, come una fuga esistenziale da una famiglia algida e scicchissima di allevatori e macellatori di suini, Sundown, nuovo film di Michel Franco, non più una distopia come Nuevo orden, ma una sorta di dramma famigliare raggelato dal bon ton, con sanguigna deriva thriller scatenata dal caos urbano, economico e sociale messicano. Volutamente ambiguo nella definizione dei rapporti, giocato su silenzi ed equivoci, cocciutamente simbolico, cerca di metterci nella pelle di un personaggio che proprio di quella pelle sta liberandosi e che comunque non riesce a essere davvero empatico nei confronti del nuovo mondo nel quale s’intrufola.

Quando poi decide di uscire dal mood rassegnato-contemplativo del suo protagonista e di inserire dettagli biografici ed elementi narrativi più forti (troppo forti, in realtà), Franco pasticcia a piene mani con una sceneggiatura che fa acqua da più parti ed è spesso inverosimile. Certo ad Acapulco si spara in mezzo a una spiaggia affollata, si rapina, si sequestra, si finisce in una galera che sembra un porcile (uscendone misteriosamente indenni da aggressioni e violenze), mentre i ricchi londinesi vanno e vengono con facilità, senza mai essere intaccati dalla vita vera. Ogni tanto appaiono maiali o carcasse di maiali, mentre il sangue arrossa l’acqua del mare, il sole continua a bruciare e Tim Roth a essere impassibile.

Il problema di Michel Franco è che affoga sempre nelle metafore, che non sa mescolare il genere con gli intenti esistenzial-filosofici, che ha la mano pesante e uno stile che da simbolista si fa sentenzioso. Troppa carne al fuoco o, al contrario, pochissima. Troppo “autore” e poco director, pochissimo, e maldestro, sceneggiatore, gli servirebbe un’immersione nella laconicità e nell’understatement che caratterizzano il suo protagonista.

Sundown
Francia, Messico, Svezia, 2021, 82'
Titolo originale:
Sundown
Regia:
Michel Franco
Sceneggiatura:
Michel Franco
Fotografia:
Yves Cape
Montaggio:
Óscar Figueroa, Michel Franco
Cast:
Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua Larios, Henry Goodman, Albertine Kotting McMillan, Samuel Bottomley, James Tarpey, Mónica Del Carmen, Ruth Galeana Adame, Jesús Aguilar, Juan Francisco Cruz Alcorcón, Rodolfo Almazán, Christian Aquino, David Araujo
Produzione:
Common Ground Pictures, Film i Väst, Luxbox, Teorema
Distribuzione:
Europictures

Alice e Neil Bennet, eredi di una fortuna milionaria, si trovano in vacanza ad Acapulco con i figli di lei, quando una tragica notizia richiama urgentemente la famiglia a Londra. Pur colpito dalla circostanza, Neil finge di aver dimenticato il passaporto e di non potersi dunque imbarcare con loro sul primo volo. Noleggia invece un taxi e si fa portare in una stanza d'albergo d'infimo ordine, ad un passo da una spiaggia presa d'assalto da locali e turisti. Sedutosi su una sedia di plastica, con i piedi nell'acqua e un secchio di birre a disposizione, Neil pare non voler fare altro che restarsene così per sempre.

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