CINEFORUM / 512

Unpop art

Adriano Piccardi / Unpop Art

Da una posizione di isolamento – anche se dettata più da motivi esterni, riconducibili ai tatticismi produttivi e di mercato, che non da una scelta personale – si sono mossi anche Paolo e Vittorio Taviani per arrivare alla realizzazione del loro Cesare deve morire (ma non dimentichiamo Fabio Cavalli, regista del lavoro teatrale dalle riprese del quale i due fratelli si sono mossi per costruire il film). L’Orso d’oro ottenuto a Berlino fa aprire gli occhi non tanto sulla qualità di questo lavoro dei due cineasti quanto sulla imprevedibilità e casualità della cinematografia italiana, quasi costituzionalmente incapace di farsi sistema e per questo ancora chissà per quanto destinata a muoversi senza grandi idee e senza un piano adeguatamente preciso sulle direzioni da prendere, sui nomi da selezionare e da coltivare. Parlando di “cinematografia italiana”, ci si riferisce – è evidente – a tutta la filiera che va dalla produzione fino alla promozione istituzionale dei prodotti finiti. Se ne ha una conferma piuttosto precisa, direi, osservando le vicende degli ultimi quattro anni. Avviene così che, mentre tutti si distraggono intorno a roba per la maggior parte di respiro quotidiano e di corte vedute, tocchi a un festival internazionale come la Berlinale il compito di farci notare che nel frattempo c’era chi stava lavorando con materiali, pensieri, immagini capaci di volare più alto…
Dalla Cina, infine, A Simple Life, un piccolo grande capolavoro a ulteriore conferma di come il livello dell’“ispirazione” (se proprio vogliamo usare questo termine, così ambiguo e spesso di comodo) non debba per forza andare a braccetto con un soggetto altisonante né con una messa in scena che prema a ogni occasione sul pedale della meraviglia. Anche in questo caso, la visione del film nelle sale è tutt’altro che agevole. Già dobbiamo ringraziare il dio del cinema se ha trovato la strada per affacciarsi sui nostri schermi. Si tratta, del resto, di una condizione che lo mette in buona compagnia di quei (pochi) film italiani – tanto per rimanere sul pezzo – ma non solo, che lungo l’arco di ogni stagione si aggirano a singhiozzo in cerca di sguardi e di attenzioni, dovendo soccombere regolarmente all’invadenza dei pesi massimi che riempiono ogni spazio disponibile. Un argomento che «Cineforum» non intende lasciar cadere e che presto troverete adeguatamente sviluppato con un concorso di voci decisamente informate.