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Le contraddizioni di The King

<span l",sans-serif;mso-bidi-font-family:"suisse="" int\0027l"'="" style="font-size: 17pt; font-family: &quot;Suisse Int&quot;;">Torna il mito, tra good boy e bad guy

Il rock'n'roll negli Stati Uniti ha rappresentato molto più che l’imporsi di una nuova forma musicale. È stato un processo di ridefinizione degli stili di vita, una trasformazione dei rapporti tra i generi e dei rapporti razziali. Il che naturalmente non vuol dire che le contraddizioni culturali e sociali dell’America dell’inizio degli anni 50 venissero risolte una volta per tutte, ma che dall’inizio di quella rivoluzione nulla è stato più come prima e la società americana tutta ne è uscita profondamente diversa. Elvis Presley è divenuto col tempo il nome polisemico e il nodo immaginario per identificare questo processo: l’allusione a una sessualità non più legata solamente alla riproduzione famigliare ma anche al godimento (soprattutto femminile), e la contraddittorietà di un rapporto in via di trasformazione tra l’America bianca e la cultura nera a metà strada tra riconoscimento e appropriazione culturale.

Dunque Elvis è l’icona pop è merchandise: e infatti il film non inizia a Tupelo nel Tennessee, ma a Las Vegas con il Colonello Parker, che del successo commerciale ed economico planetario di Elvis fu l’artefice. E inizia con un bombardamento di immagini coloratissimo e un insieme confuso di colori, suoni, pezzi di canzoni originali o coverizzate da artisti contemporanei che punta non tanto a far comprendere storicamente la complessità della parabola artistica di Elvis e le ragioni del suo successo, ma di comunicarne allo spettatore un effetto fuori dal tempo.