L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

28 novembre 1976

Solo un regista quasi dichiaratamente omosessuale poteva avere la sensibilità e la fermezza per dirigere nel 1939 un film tutto al femminile, sin dal titolo, Donne (The Women).

Una donna, Claire Booth Luce (nel dopoguerra temibile e intrigante ambasciatrice USA a Roma) ha scritto nel 1936 la commedia da cui è tratto. Due donne, Anita Loos (già ricordata il 24 novembre) e Jane Martin, l'hanno riscritta per il cinema. La fanno rivivere sullo schermo 135 donne, tra comparse, figuranti e attrici (nemmeno un uomo vi compare), fra le quali spicca un formidabile sestetto: Norma Shearer (†1983), Joan Crawford (†1977), Mary Boland (†1965), Paulette Goddard (†1990), Joan Fontaine (l'unica sopravvissuta, oggi novantaseienne). E naturalmente lei, quella che vogliamo qui ricordare, nel giorno della sua scomparsa all'età di 69 anni: Rosalind Russell.

Caratterizzata da un'innata eleganza (forse non a caso la madre è direttrice di Vogue), dotata di un'istintiva ironia e di un brio molto glamour, pare l'ideale per le commedie brillanti e di costume, ma sfodera, se necessario, notevoli qualità drammatiche: come ne La cittadella (1938), L'angelo del dolore (1946), Il lutto si addice ad Elettra (1947).

Tra il 1934 e il 1972 compare in una cinquantina di film, ma – da noi non è mai stata oggetto di culto – bastano, oltre a Donne, pochi titoli spalmati in un ventennio ad assicurarle un posto di favore nell'immaginario europeo. A cominciare da La signora del venerdì (1940, Hawks), dove lei è la brava cronista ex moglie del direttore, seducente mutamento di genere tra la Prima pagina 1931 di Milestone-Menjou-O'Brien e quella 1974, ben più nota, di Wilder-Lemmon-Matthau, per continuare con Mia sorella Evelina (1942, Hall), Picnic (1955, Logan), La donna che inventò lo strip-tease (1962, LeRoy).

Ma è La signora mia zia ovvero Auntie Mame (1958, DaCosta), già suo gran successo teatrale, a meritare la palma: una singolare educazione sentimentale, comminata in modo stravagante e logorroico a un nipote inesperto e riluttante, sulla base di un formidabile motto: «Vivi, vivi, vivi! La vita è un banchetto ed i poveri scemi muoiono di fame...»