L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Il destino di un attore

Nasce a Napoli, da famiglia di origine tedesca, Luigi Schroeder. Dapprima attivo in radio come presentatore e interprete di radiodrammi, passa in seguito all'avanspettacolo e di qui al teatro di prosa, ove si segnala con le compagnie di Peppino De Filippo, di Eduardo, di Giorgio Albertazzi, di Mario Scaccia, di Maurizio Scaparro. Nel cinema è apprezzato per una settantina di film, tra cui 47 morto che parla (1950, di Bragaglia), Pane, amore e fantasia (1953, di Comencini), L'oro di Napoli (1954, di De Sica), Peccato che sia una canaglia (1954, di Blasetti), Il vedovo (1959, di Risi), I clowns (1970, di Fellini), Café express (1980, di Loy) e soprattutto, in una parte “seria”, Il grande cocomero (1993, della Archibugi).

Fin qui una biografia che non direbbe molto ad alcuno e che forse nemmeno si chiarirebbe se si aggiungesse che aveva assunto lo pseudonimo di Gigi Reder. Ma di fronte alla magica parola “ragionier Filini” accadrebbe l'incredibile: sussulti, schiatti di risate, sghignazzamenti vari. E persino, il giorno della sua scomparsa, l'8 ottobre 1998, l'annuncio in prima pagina su La Stampa, ma non con il suo nome d'arte o con il suo cognome bensì con quello del suo personaggio.

Dal 1975 (Fantozzi di Salce) al 1996 (Fantozzi - Il ritorno di Parenti, nono film della serie) – sarà affettusamente ricordato in Fantozzi 2000 - La clonazione, senza che si pensasse a clonarlo – è stato, imperdibile spalla di Paolo Villaggio, l'occhialuto e miopissimo ragionier Filini. Nel 1987 aveva ottenuto perfino un David per Superfantozzi.

Quel giorno è un coro di testimonianze. «Muore una parte della mia vita. Era un grande attore che aveva recitato anche con Fellini ma la gente ormai lo identificava col suo personaggio. Tutti quelli che mi hanno chiamato mi hanno detto: è morto Filini. Con me era come Peppino de Filippo con Totò: spesso faceva ridere più di me» (Ugo Fantozzi alias Paolo Villaggio). «Senza di lui sarà un'altra cosa, come se da un caleidoscopio si togliesse quel colore, quella luce. Fantozzi è stato una famigliola cinematografica, prima che un film di culto. E in questo momento, se provo il disagio che si prova di fronte alla morte, non riesco a dividere il dolore dal divertimento che il ricordo di Gigi mi dà. Penso all'ultima scena girata assieme, davanti alla bara di un impiegato. Reder faceva le corna, io gli dicevo che noi attori siamo immortali» (la signorina Silvani alias Anna Mazzamauro). «Un animale di razza, per di più napoletano, con tempi comici perfetti. Ci si vedeva una volta l'anno. Mi ringraziava perché, e io qui gli rubavo la battuta, fare i nostri duetti era meglio che far l'amore: con lui se ne va una parte importante di me. Il grande successo di Fantozzi in gran parte si deve a lui, più comico di me. E non potrà mai esserci un altro Filini. A primavera si girerà il nuovo film della serie, ma sarà un'altra cosa» (ancora Fantozzi).

Non gli era mai capitato di ricevere tanti complimenti. Ma erano per Filini, non per Luigi Schroeder.