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Dacia, David e le donne

«In un momento così difficile per le donne, non era proprio il caso di lanciare un film... arcaico e misogino», «un film che nuoce alle donne», un «film a tesi» sul «sesso femminile pericoloso e incontrollabile».

La scure (critica? socio-politica? moralistica?) di Dacia Maraini si è abbattuta, dalle pagine del Corsera, su L'amore bugiardo-Gone Girl di David Fincher. Opinione rispettabilissima, se non fosse per la poco rispettabile concezione del cinema che sottende. 

Succede da sempre che persone di cultura, opinionisti, intellettuali, utilizzino il cinema per portare avanti le proprie legittime battaglie o manifestare le proprie idiosincrasie. Ma ogni volta si rimane come stupefatti di fronte a questi personaggi che "leggono" un film con lo stesso spirito e la stessa ideologica semplicistica frettolosità con cui leggerebbero l'editoriale di un giornale. Come se il linguaggio fosse lo stesso.

Chiudiamo pure un occhio di fronte alla fragilità degli argomenti e al fraintendimento della trama; di fronte alla nonchalance con cui viene bypassato il dibattito già avvenuto sul tema, negli States come in Italia; di fronte al modo in cui l'articolo in questione fa appello alla cronaca nera, evocando storie di donne ferite, uccise, massacrate.

Li apriamo entrambi, invece, e ci arrabbiamo pure, quando un (grande) film, la sua affascinante e perturbante complessità, viene ridotta alla tesi presunta, da trasformare in slogan o "lezione civile". Siamo (sono) ancora fermi lì? Al cinema ridotto a un soggetto che veicola un messaggio?

In attesa che un qualche Comitato di Salute Pubblica decida se lo spettatore è abbastanza maturo per questo e altri film (si potrebbe scrivere tra i titoli di testa che “Nuoce gravemente alle donne”), ci permettiamo di segnalare le recensioni di Pier Maria Bocchi e Leonardo Gandini, che leggono Gone Girl in modo esattamente opposto al suo, e ci auguriamo che davvero il “sesso femminile” possa essere “pericoloso” e “incontrollabile”, nemico delle consuetudini, dei luoghi comuni, delle gerarchie, del "buon senso", di tutto ciò che Fincher mette poco garbatamente in discussione.