VRforum a cura di An-icon Team

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Goliath: Playing with Reality di Barry Gene Murphy e May Abdalla

Premiata a Tribeca e alla settantottesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Goliath: Playing with Reality (2021) è un’esperienza intensa e radicale sulla percezione della realtà. Progettata da Barry Gene Murphy e May Abdalla della produzione britannica Anagram – produttrice di molte opere VR di successo come Make Noise (2018) e The Collider (2019) – Goliath ci invita letteralmente a “giocare con la realtà”, a scomporla e ricomporla attraverso la mente del protagonista affetto da schizofrenia.

 

L’esperienza alterna due registri, uno in prima e uno in terza persona. Da un lato, siamo guidati da una voce narrante (Tilda Swinton), dolce e metallica allo stesso tempo, come quella degli assistenti vocali, ad indagare le nostre sensazioni e ad interagire con ciò che ci circonda; dall’altro siamo trasformati in testimoni dell’esperienza di Jon, aka Goliath. Testimoni anonimi, senza corpo, assistiamo dall’interno della mente del protagonista alla sua “epopea”. Un’infanzia difficile, segnata dalla disabilità della madre, alla quale segue il tentativo di sopravvivere alla propria psicosi attraverso il ricorso alla droga, fino al ricovero in un ospedale psichiatrico. Dopo le dimissioni, il reinserimento, in parte fallimentare all’interno di una società stigmatizzante. Qui, la rinascita: il gaming online offre a Goliath, ormai identificato con il suo nickname da giocatore, un luogo sicuro in cui costruire legami umani e trovare compiacimento e solidarietà. La comunità stessa raccolta intorno ai videogiochi sembra condividere infatti con il protagonista un medesimo bisogno di accettazione: persone marginalizzate vi trovano infatti le risorse per costruire una realtà alternativa.

La potenza e l’originalità dell’esperienza risiedono nel servirsi del medium VR per mettere a tema il nostro rapporto con la realtà e la sua costitutiva fragilità. Sfuggendo alla facile retorica che vedrebbe la VR il medium “in prima persona” capace di metterci veramente nei panni di qualcun altro, Goliath ci riporta alla condizione di spettatori scomposti, per immergerci all’interno del vissuto del protagonista. Il nostro corpo, infatti, viene dematerializzato e ridotto alle sole mani, che assumono nel corso dell’esperienza forme diverse: dapprima astratte geometrie tridimensionali, divengono strumenti di decifrazione dei dati sensoriali, fino a trasformarsi in pistole di un gioco arcade sparatutto.

 

La raffinata animazione grafica gioca sulla sottrazione di elementi significanti. Immersi nel buio, siamo invitati ad orientarci e ad abitare una realtà alternativa servendoci di pochi “appigli”: forme astratte fluttuanti, sagome crepitanti e profondi abissi digitali. Il momento forse più alto di questa manipolazione sensoriale avviene trascorsa la prima metà dell’esperienza, nel momento in cui la voce narrante ci fa notare quanto ormai ci siamo abituati ad interagire con gli scarni dati che abbiamo a disposizione. Solo allora ci rendiamo conto che visti dall’esterno, mentre agitiamo i controller in aria, sembriamo intenti in qualcosa di estremamente singolare, forse anche ridicolo: mostrandoci quanto siamo disposti a giocare nella realtà virtuale, manipolando oggetti inesistenti, Goliath ci ricorda che, come esseri umani, siamo creatori di mondi finzionali a loro volta in grado di modellare radicalmente il nostro comportamento.

Che cos’è la realtà se non un costante processo di sintesi di dati disaggregati, percezioni sensoriali ed emotive, tenuti insieme da una storia che (ci) raccontiamo? Lo storytelling agisce infatti in Goliath come il collante, non solo di ciò che vediamo, ma dell’esperienza di realtà stessa. È dunque in questa chiave che possiamo leggere il rifermento, sia visivo che narrativo, all’universo videoludico, dagli arcade della sala giochi fino ai più recenti giochi MMOG (massively multiplayer online game). Per Goliath, vestire i panni dell’alter ego digitale rappresenta una via di affermazione del sé, una distrazione radicale dalla psicosi. Ribadendo la necessaria e benefica mediazione offerta dai mondi digitali, la resa in VR dell’esperienza videoludica offerta da Goliath ne riproduce da un lato il carattere immersivo, la sua capacità di assorbimento del giocatore; dall’altra la trasforma realmente in un’esperienza incarnata di essere, appunto, qualcun altro.

 

In fondo, esperire la realtà attraverso un filtro narrativo è la condizione “normale” dell’esistenza: come in un videogame, gli esseri umani hanno bisogno di immaginare una fitta trama che tenga insieme le sparute informazioni che riceviamo dai nostri sensi. L’epilogo, dai toni forse eccessivamente magniloquenti, sembra infatti affermare che la realtà risieda ovunque essa venga condivisa: non importa se negoziata attraverso avatar digitali o chat online: dove ci sono gli altri, dove c’è comunicazione, lì è possibile radicare il proprio rapporto con la realtà.

 

Goliath: Playing with Reality (Barry Gene Murphy e May Abdalla, Produzione Anagram, 2021, 3DOF, Meta Quest 2).

 

L’esperienza è disponibile gratuitamente sullo store Meta Quest cliccando qui.