Giuseppe Bonito

Figli

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L’ovvietà delle cose semplici. La disarmante dote della costosissima pediatra consultata dagli esausti genitori raccontati da Figli è quella di far pagare a peso d’oro la rivelazione dell’ovvietà che ognuno di noi ha davanti agli occhi ma che nessuno vede perché travolto e sconvolto dal delirio della quotidianità. Tra le ovvietà rivelate, quelle talmente disarmanti da far venire i lucciconi agli occhi schiacciati tra i sensi di colpa e la costante ansia da inadeguatezza, la più spiazzante di tutti è l’invito all’accettazione.

L’accettazione dei propri limiti, delle proprie debolezze, delle proprie inclinazioni, del proprio aspetto, delle proprie manie, delle proprie idiosincrasie, delle proprie disgrazie, del proprio destino. Dei propri, che sono poi quelli di tutti. Questo ha sempre raccontato in modo intelligente, lucido e umano come pochi, Mattia Torre: la necessità di accettare se stessi e quello che ci circonda, non certo in modo remissivo, forse si potrebbe dire resiliente ma più ancora – semplicemente – consapevole. Tanto consapevole da poterci scherzare su, pattinando tra la commedia e il dramma esistenziale, spingendo i toni oltre il cinismo, oltre il realismo, oltre il sarcasmo, usando le leve sottili del paradosso e del surreale.

Parlare di Figli oggi ha un significato più complesso che scrivere di un film intelligente; non solo perché da qualche giorno è disponibile in streaming su molte delle piattaforme che hanno fatto da sottofondo, con la loro programmazione senza sosta, alle nostre giornate di lockdown costringendo a ripensare i meccanismi della distribuzione e della fruizione cinematografica; non solo perché è l’ultimo film scritto da un uomo di cinema e di televisione con un talento acuto che manca e mancherà moltissimo in questi anni al nostro sistema produttivo e creativo; non solo perché consolida una forma filmica connotata che corrisponde a una costruzione del racconto e a un uso degli attori pronti a diventare quasi un format (di quelli giusti ed efficaci). Ma anche perché parlare di Figli, oggi, ci mette davanti – con la stessa disarmante empatia – alla necessità dell’accettazione.

Cosa si sarebbe inventato Mattia Torre sulle nevrosi da pandemia, sulla dipendenza da incomprensibili dati statistici, sui rituali da supermercato, sulla retorica da bar rielaborata in forma digitale, sulla didattica a distanza e sulla palestra in salotto non possiamo saperlo, certo è che avrebbe descritto ancora una volta con intelligenza sottile le straordinarie contraddizioni del nostro Paese e della nostra epoca. E insieme a loro ci avrebbe messo davanti alle difficoltà dello stare al mondo ma anche alla possibilità di elaborare un modo per farlo. Che è poi quello che ha sempre fatto raccontando una dimensione talmente privata e personale da diventare emblematica di un contesto storico, politico, sociale; e raccontandolo in una modalità in cui è talmente istintivo riconoscersi da riuscire ad agire quasi in forma di sineddoche come espressione di una generazione compressa e in perenne stato di ansia. Che si trovino a dover fronteggiare il lavoro (Boris), la malattia (La linea verticale) oppure la genitorialità (Figli), i personaggi scritti da Mattia Torre stanno comunque lì a farti venire, con la loro evidenza, i lucciconi agli occhi mentre sorridi e ti senti un po’ meno solo.

 

 

Figli
Italia, 2020, 97'
Regia:
Giuseppe Bonito
Sceneggiatura:
Mattia Torre
Fotografia:
Roberto Forza
Montaggio:
Giogiò Franchini
Musica:
Carmelo Travia, Giuliano Taviani
Cast:
Andrea Sartoretti, Betti Pedrazzi, Carlo de Ruggeri, Gianfelice Imparato, Massimo De Lorenzo, Paola Cortellesi, Paolo Calabresi, Stefano Fresi, Valerio Aprea, Valerio Mastandrea
Produzione:
Vision Distribution, Wildside
Distribuzione:
Vision Distribution

Sara (Paola Cortellesi) e Nicola (Valerio Mastandrea) sono sposati e innamorati. Hanno una bambina di 6 anni e una vita felice. L’arrivo del secondo figlio, però, scombina gli equilibri di tutta la famiglia svelando crepe nel loro rapporto e insoddisfazioni personali con risvolti tragicomici. Nonni stravaganti, amici sull’orlo di una crisi di nervi e improbabili baby sitter non saranno loro di aiuto. Tra l’istinto di scappare e la voglia di restare, Sara e Nicola riusciranno a resistere e a rimanere insieme?
 

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