10 ragioni per seguire la notte degli Oscar 2018

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Nella notte fra domenica e lunedì al Dolby Theatre di Los Angeles si terrà la 90ª notte degli Oscar. Con le sue 13 nomination La forma dell’acqua rischia di portarsi a casa praticamente tutto e azzerare così ogni incertezza, ma come sappiamo (e come ha dimostrato la cerimonia dello scorso anno), agli Oscar le sorprese non mancano mai.
Chi cercasse quindi un buon motivo per stare sveglio a seguire la premiazione o almeno per alzarsi presto lunedì e correre a vedere com’è andata, può consultare questa mini guida ai prossimi Academy Awards. Dove di buoni motivi ne abbiamo trovati ben 10!

Ricordiamo che in Italia l’evento sarà trasmesso da Sky Cinema e, in chiaro, da TV8 che si collegheranno alle 22:50 (ora italiana) per il red carpet. La cerimonia vera e propria inizierà invece intorno alle 2.


1. Phantom Oscar

Cineforum è compatto nel definire Il filo nascosto il film che dovrebbe portarsi a casa tutto quanto (anche se per qualche misteriosa ragione mancano le candidature alla sceneggiatura originale e al suono…). Difficilmente sarà così, nonostante la recente storia degli Oscar ci abbia abituato a sorprese inattese. PTA è diventato grande percorrendo una strada tutta sua, fuori dalle mode del momento e contro l’immagine di nuovo Altman, Scorsese o Jonathan Demme che nei primi anni di carriera ha dato di sé. Da enfant prodige è diventato un autore vero. Chissà se prima o poi se ne accorgeranno anche quelli lì…
 

2. Mexican connection



Il probabilissimo Oscar alla regia a Guillermo del Toro sarebbe il quarto negli ultimi cinque anni per un regista messicano (dopo quello a Cuarón del 2014 e i due a Iñárritu nel 2015 e 2016). Se contiamo anche i tre Academy Awards consecutivi per la fotografia vinti da Emmanuel Lubezky fra il 2014 e il 2016, sembra proprio che con buona pace di Trump e dei suoi muri, l’“invasione” – almeno vista dalle colline di LA – non stia dispiacendo poi così tanto…
 

3. L’ultimo italiano

Che Chiamami col tuo nome puntasse seriamente all’Oscar, dopo la premiere al Sundance (e non, mettiamo, a Berlino o Cannes) per puntare soprattutto al mercato americano, lo si è capito quando l’uscita del film venne fissata a inizio 2018 e quando la scorsa estate la stampa americana cominciò a celebrarlo. Ma che il film di Luca Guadagnino arrivasse a tutte quelle candidature – con la vittoria per la miglior sceneggiatura non originale di Ivory praticamente in tasca – non era affatto scontato. Con L’ultimo imperatore di Bertolucci è l’unico film (anche) italiano ad aver ricevuto la nomination per il miglior film: un precedente non da poco.
 

4. #metoo o tu quoque?

Quanto peseranno su questa cerimonia degli Oscar le conseguenze del #metoo largamente chiamate in causa già al momento delle nomination (e in particolare per la candidatura a miglior regista per Greta Gerwig)? Quanto saranno influenzate le decisioni dell’Academy dalle giuste rivendicazioni femministe che dominano le cronache dello spettacolo e non solo degli ultimi mesi? Il mondo del cinema pare infatti aver deciso di pagare il fio delle colpe, celate troppo a lungo e con connivenza allargata, attraverso l’attribuzione a pioggia di premi “al femminile” (si veda per esempio l’ultima Berlinale) che più che un risarcimento sembrano talvolta un ulteriore gesto di sessismo rovesciato. Che segnale arriverà dagli Oscar?
 

5. Frances ci riprova

È la nostra preferita. Tre manifesti a Ebbing, Missouri ci dice che è arrivato il momento di assegnarle la seconda statuetta. Sono passati ventun anni dall'Oscar per Fargo (1997). In mezzo ci sono le candidature per Quasi famosi (2000) e North Country (2005). Prima c'era stata anche la nomination per Mississippi Burning (1988). Per non parlare del trionfo di Olive Kitteridge in tv (con cui ha vinto un Emmy). Tre manifesti le ha già fruttato un Golden Globe, un Premio Bafta e due Screen Actors Guild Awards. È l'anti-star per eccellenza. Ci sta benissimo in tutto quel glamour.
 

6. Oscars not black enough

Jordan Peele è il quinto afroamericano, in novant’anni di storia, ad aver ricevuto una nomination per la regia e se vincesse – cosa comunque poco probabile – sarebbe il primo in assoluto. Il regista di Get Out è inoltre l’unico artista nero ad aver ricevuto candidature per regia, sceneggiatura e produzione (miglior film), nello stesso anno. A parte lui però gli afroamericani candidati in questa edizione sono davvero pochi. Insomma dopo le accuse di Spike Lee di due anni fa (uno che fa bene ricordarlo, anche se pare assurdo, la nomination come miglior regista non l’ha mai ottenuta), sembra che il tentativo di incrementare la quota black operato lo scorso anno stia subendo una decisa inversione di tendenza. E Peele stesso rischia seriamente di restare a mani vuote. Seguiranno polemiche?
 

7. Presenzialisti

Ancora lei, sempre lei, Meryl Streep. La più brava, forse, sicuramente la più amata e nominata nella storia degli Oscar. Quest'anno, con The Posttocca quota 21. Ha vinto come miglior attrice protagonista per La scelta di Sophie (1982) e The Iron Lady (2011) e come non protagonista per Kramer contro Kramer (1979). Il più nominato in assoluto tra i viventi, però, rimane John Williams (che quest'anno ha raccolto la candidatura numero 51 per Star Wars  Gli ultmi Jedi). Davanti a lui c'è solo Walt Disney a quota 59. Williams ha già vinto cinque statuette per Il violinista sul tetto (1971), Lo squalo (1975), Guerre stellari (1977), E.T. (1982) e Schindler's List (1993).


8. 14 is the lucky number?

Il Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico per i servizi resi all'arte cinematografica Roger Deakins ottiene con Blade Runner 2049 la sua quattrodicesima candidatura all'Oscar per la migliore fotografia: per tredici volte è tornato a casa a mani vuote, sarà la volta buona? Dal 1995, quando il lavoro per Le ali della libertà gli era valso la prima candidatura, Roger Deakins è diventato una sorta di certezza per l'Academy che nel 2008 gli ha attribuito addirittura due nomination per due film diversi: L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e Non è un paese per vecchi. Il direttore della fotografia più amato dai fratelli Coen riuscirà quest’anno con il film di Villeneuve nell’impresa di alzare la statuetta.
 

9. Oscars so indie-rock

La presenza di Sufjan Stevens e Jonny Greenwood alla notte degli Oscar è uno di quegli eventi che difficilmente si sarebbero potuti prevedere. Sta di fatto che queste due figure amatissime, ma anche molto riservate, della scena indie-rock, il primo con la meravigliosa Mistery of Love scritta per Chiamami col tuo nome, il secondo per le musiche di Il filo nascosto (quarta collaborazione consecutiva con PT Anderson), domenica sfileranno sul tappeto rosso. E Sufjan, addirittura, si esibirà sul palco del Dolby Theatre. Voi, per dire, ce la vedreste Celine Dion che canta in un localino di Brooklyn?
 

10. "Anziano" a chi?

Viva gli artisti stagionati, quando sono geniali. Si segnalano tre candidature-record per questioni di età. Christopher Plummer guadagna una nomination per Tutti i soldi del mondo a 88 anni, scalzando il precedente primato di Gloria Stuart (Titanic, ne aveva “solo” 87): la concorrenza è notevole (Rockwell, Harrelson, Dafoe, Jenkins) ma sono soddisfazioni. James Ivory, invece, di anni ne ha 89 e diventa il candidato più anziano sul fronte degli “Oscar competitivi”, con la sua mirabile “sceneggiatura non originale” di Chiamami col tuo nome. Stessa età per la mitica Agnès Varda, candidata al premio per il miglior documentario con Visages, Villages.