Anche la Pixar si piega allo sfruttamento intensivo dei sequel. In piena crisi creativa di Hollywood, la casa più rivoluzionaria del cinema americano contemporaneo è tentata dalla riproposizione compulsiva dei suoi prodotti come unica via di uscita da uno stallo artistico/economico che sembra non lasciare scampo al cinema mainstream.
Ma se l’evoluzione per capitoli del suo marchio primigenio – Toy Story – ha portato alla storia una maggiore complessità e un ragionamento affatto banale su crescita e vintage, l’esperimento Cars 2 è sembrato un drammatico passo indietro rispetto alla memorabile creatività pixariana, fulcro ribelle del cinema americano di oggi.
Cos’è allora Monsters University? Una stanca riproposizione di stilemi già esauriti nel suo capitolo originale o una rivisitazione geniale capace di ribaltare aspettative e canoni dell’arte animata come già successo in film come Wall.E, Up o Ratatouille?
In Monsters & co. Sullivan e Mike Wazowski (con il suo geniale understatement da cognome polacco) sono una coppia affermata: uno spaventa e l’altro assiste, sicuri (e realizzati) nella loro dispari divisione dei ruoli. Dopo che lo spavento – essenza di ogni mostro al cinema – ha perso il suo ruolo di necessità, gli sceneggiatori hanno optato per un prequel invece che un sequel, mostrando affezione e comprensione per la natura intima dei personaggi creati.
Come già in Cars, la rievocazione ripetuta di un mondo parallelo si appoggia, più che sulla genialità dell’assunto, su una variante di genere classico, in cui i caratteri della storia originale sviluppano, completano ed estremizzano l’idea di partenza. Cars 2 ha mutato gli ammicchi seventies per costruire una variazione à la 007, paradossalmente vicina alla prima mezz’ora del deludente Madagascar 3, con risultati che appaiono come una frenetica dimostrazione di potenza stilistica priva dell’anima che ha caratterizzato la produzione della factory californiana.
In Monsters University le cose funzionano meglio: il riferimento culturale – dichiarato al limite dell’ostentazione – è il college movie degli anni ’80 (da La rivincita dei Nerds a John Hughes) in grado di miscelare schemi da cinema sportivo (la gara in cui gli sfavoriti trovano dignità e rivincita) e situazioni al limite dello slapstick. Sacrificando una fetta del pubblico infantile, Monsters University sceglie la strada della commedia pura supplendo alle carenze di sceneggiatura e di inventiva con la multiforme potenzialità dei personaggi.
Il mondo senza limiti di creatività dei mostri offre un palcoscenico ipoteticamente infinito e alcune delle creature si affermano come caratteristi comici compiuti del cinema contemporaneo. Se poi sembra mancare il profondo coinvolgimento emotivo (ed etico) ben tangibile nel magnifico originale di 12 anni fa, forse bisognerebbe iniziare a farsene una ragione.
Prequel del divertente Monsters & Co. (20019, Monsters University racconta la storia di Mike Wazowski che, fin da piccolo, sogna di diventare uno spaventatore. Per farlo è indispensabile andare alla Monsters University (MU), ed è qui che durante il primo semestre i suoi piani vanno ad infrangersi contro James P. Sullivan, detto Sulley, spaventatore nato. Lo spirito competitivo e goliardico finirà per farli espellere dall’esclusivo corso per spaventatori dell’Università: non resta loro che imparare a lavorare insieme e a fare squadra anche se con un gruppo di mostri… non proprio spaventosi.