Daniele Gaglianone

Il tempo rimasto

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Il tempo è sempre stato un protagonista implicito nei film di Daniele Gaglianone, sin dai titoli che lo chiamano in causa, da I nostri anni a Ruggine. I nostri anni è probabilmente il titolo d’esordio che meglio dialoga sulla lunga durata con quest’ultimo Il tempo rimasto poiché già allora era l’età avanzata a decretare l’inutilità della vendetta dei partigiani nei confronti del repubblichino un tempo feroce, ma oramai invalido e in una casa di riposo. La terza o addirittura la quarta età, e con essa la sostenibilità delle ragioni storiche e private alla luce degli anni, dei decenni, oramai dei secoli, rendono in realtà i film di Gaglianone, tutti, riflessioni avanzate sulla prova del tempo che cinematograficamente è sempre bergsoniano, ovvero interiore.

La coscienza e l’ironia della sorte sui misfatti che il tempo cancella o allontana dalla memoria, al cospetto di un presente che si consuma in una successione infinita e insignificante di attimi pratici e mantenuti solo da una transitoria azione digitale, rende la parabola de Il tempo rimasto quasi una elegia sul tramonto dell’esistente. Come in un celebre Colloquio di Luigi Pirandello l’autore nel film esprime l’angoscia collettiva di chi, più giovane dei protagonisti davanti alla macchina da presa, si guarda in veste di spettatore allo specchio e scopre tragicamente che l’unica possibilità vitale sta nell’essere parte di ricordi e di speciali persone a rischio estinzione. Gli ultra ottantenni o novantenni che ne Il tempo rimasto hanno da raccontare dunque qualcosa e testimoniano fisicamente un mondo che fu, non ancora sottoposto alla frenesia tecnologica, costringono chiunque (li) guardi e ascolti a chiedersi se mai, come e perché sarà rievocato l’oggi esplorato in parabole altrettanto esemplari come quelle di Nemmeno il destino o La mia classe.

Inchiodato dal passato remoto, il presente non indicativo è fragile e si aggrappa alla memoria di chi ancora resiste e fa resistere il tempo. La posta in gioco segnalata dal film non è quindi il passato, ma le fondamenta del presente ingrato dal quale a malapena si riesce a immaginare o intravvedere un futuro. In un certo senso è come se Il tempo rimasto portasse alle estreme conseguenze il ribaltamento di prospettive del maggior capolavoro dickiano, Ubik, invertendo la polarità tra i presunti vivi e i non ancora morti. Gli attuali vivi, destinati probabilmente a non lasciar traccia, non sembrano ugualmente avere la possibilità, neppure in prospettiva, di essere al centro di un’antologia simile a questa. Perciò Il tempo rimasto si vorrebbe, per un senso vertiginoso e inquietante di percezione dell’assenza, interminabile.

L’autore di alcuni classici del cinema italiano degli ultimi vent’anni, che fanno o faranno storia con o senza il senno di poi, tra fiction e non-fiction come Rata nece biti! (La guerra non ci sarà) o Pietro, si rende conto che l’attuale sua galleria di ritratti, voci e volti porta a compimento un lavoro nel senso contadino e leviano del termine, quindi un impegno pluridecennale di scavo e di indagine sul senso dell’essere oggi (a proposito di titoli: Dove bisogna stare) e qui (idem: Qui). La chiave autobiografica che va colta come l’ineffabile “cifra nel tappeto” jamesiana o i celebri camei hitchcockiani, conferma come la forza del saper calibrare significativamente le distanze tra le persone riprese e lo sfondo serva a costruire ancora una rete di relazioni e di concetti. Lo stile inconfondibile, pensante dei film di Gaglianone fornisce in questa nuova occasione la prova di come (tra quanto appunto c’è, di necessario, a livello umano e culturale, politico e sociale, o sta per mancare e appare pertanto un’ultima volta prima di svanire) la lucidità del proprio dire derivi dalle cose effettivamente concrete e appropriate da dire.


 

Il tempo rimasto
Italia, 2021, 85'
Titolo originale:
Il tempo rimasto
Regia:
Daniele Gaglianone
Sceneggiatura:
Daniele Gaglianone Stefano Collizzolli
Fotografia:
Matteo Calore, Mauro Nigro, Andrea Parena, Paolo Rapalin
Montaggio:
Enrico Giovannone
Musica:
Sergio Marchesini
Cast:
Gianni Da Deppo, Mariola Fammilume, Irene Faraon, Tonino Mancino, Paola Mazzetti, Mario Mollo, Addis Zagato
Produzione:
Zalab Film, Rai CInema, Luce Cinecittà
Distribuzione:
Zalab Film

Il protagonista di questo film è il tempo, rimasto nelle pieghe della vita. È un film su dei bambini e dei giovani che ora, con le rughe disegnate sul viso, ritornano indietro, a volte come se fossero di nuovo là dove sono stati. In questa distanza che cerca di annullarsi abita il confronto fra il tempo che resta e quello che resterà. Una riflessione sulla vecchiaia e su cosa si può scoprire guardandosi in questo specchio. Un lungo percorso di ascolto e di incontri attraverso l’Italia, alla ricerca di un mondo “fino a ieri” che a volte appare remotissimo, a volte stranamente presente.

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