Michael Dudok de Wit

La tartaruga rossa

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Una spiaggia deserta, il rumore delle onde e del vento, il cielo e il mare che si confondono nelle sfumature di un blu pastello: un uomo fissa l’orizzonte.

Probabilmente non esiste un’immagine più semplice, immediata e, se vogliamo, banale di questa per stimolare una qualsivoglia riflessione sulla vita e sul suo senso; sull’uomo e sulla (sua) natura. Basta questo: un’immagine. Ed è incredibile pensare che in un contesto come quello del panorama visivo contemporaneo – dove l’eccessiva sovraesposizione ad immagini ultraspettacolari ed iperrealistiche sembra aver precluso agli spettatori la possibilità di stupirsi veramente – sia proprio la purezza di un’immagine così semplice a generare un genuino senso meraviglia.

La tartaruga rossa di Michaël Dudok de Wit parte proprio da qui: da un uomo naufragato su un’isola deserta che contempla il mare. Vorrebbe fuggire, tornare al mondo da cui proviene ed abitare il tempo a cui appartiene. Invece si ritrova prigioniero di uno spazio non suo, dove le onde del mare, le gocce di pioggia, i granchi e i gabbiani, le nuvole e i pesci, appaiono davanti ai suoi occhi come se nulla di tutto questo fosse mai esistito prima; come se il suo passato fosse stato portato via dalla marea. Non servono parole, non servono dialoghi, non serve la voce fuori campo: bastano le immagini; bastano situazioni e scenari già visti un milione di volte che però, filtrati dalla magia dell’animazione, ci sembra di vivere per la prima volta.

È così che nasce la meraviglia: dalla reinterpretazione dell’ordinario (almeno da un punto di vista narrativo) che grazie al filtro dell’animazione si trasforma, in maniera inaspettata e sorprendente, in qualcosa di straordinario; una realtà plasmata attraverso i disegni che diventa una poesia in movimento attraverso cui viene messo in scena il cerchio della vita.

Una collaborazione tra Europa e Giappone (è la prima incursione dello Studio Ghibli nel vecchio continente) che riesce a evitare ogni possibile incomprensione linguistica affidandosi all’universalità del linguaggio cinematografico e ad un’affascinante e poetica visione dell’esistenza.

Un’idea di mondo, quella de La tartaruga rossa, in cui quartetti d’archi suonano in mezzo all’acqua al chiaro di luna, in cui è possibile volare restando fermi e dove, da un guscio senza vita, può nascere una donna bellissima; un sogno in cui non esiste soluzione di continuità tra il magico e il reale, la vita e la morte; dove ogni cosa conserva dentro di sé un’aura di mistero capace di sorprendere costantemente, senza mai creare distanza; dove le emozioni sono sempre autentiche e sincere.

Una storia fuori dal tempo in cui, però, il tempo – con la sua ciclicità, con i suoi insegnamenti e con la sua inevitabilità – è anche l’unico vero protagonista.

La tartaruga rossa
Francia, Belgio, Giappone, 2017, 80'
Titolo originale:
La tortue rouge
Regia:
Michael Dudok de Wit
Sceneggiatura:
Michael Dudok de Wit, Pascale Ferran
Montaggio:
Céline Kélépikis
Musica:
Laurent Perez
Produzione:
arte France Cinéma, Prima Linea Productions, Studio Ghibli
Distribuzione:
Bim Distribuzione

Un racconto fantastico che ruota attorno ad un uomo abbandonato su un'isola deserta.

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