Joon-ho Bong

¡Que viva il cinema!

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«Quelli che leggono i libri vanno da quelli che non leggono i libri, i poveracci, e gli dicono “Qui ci vuole un cambiamento!”. E la povera gente fa un cambiamento», tuona indignato il bandito messicano Juan al dinamitardo irlandese Sean in Giù la testa. «E poi i più furbi di quelli che leggono i libri si siedono intorno a un tavolo e parlano, parlano e mangiano. E intanto che fine ha fatto la povera gente? Tutti morti. Ecco la tua rivoluzione».

È così diverso il Messico del 1914 dal post-tutto del 2031 di Snowpiercer? Sì, è diverso. Almeno nei luoghi e nell’aria. Ma non sono diverse le motivazioni che spingono la povera gente a imbracciare le armi e alla violenza. Il tacco del treno di Bong sente la stessa urgenza dei peones di Leone: tanto che la sua carica ha la furia cieca di una testa d’ariete, talmente cieca che vede fuori dai finestrini ma non vede la verità e la ragione. E se a questa povera gente serve il fuoco per rischiarare un po’ l’oscurità, come alle origini dell’uomo (e il finale con la bestia è emblematico), gli occhi non tornano utili più dello stretto necessario, per esempio sconfiggere il nemico in un corpo a corpo. Eyes wide shut. Di certo non sono utili a capire, perché le fiamme non bruciano solo sulle torce, ma bruciano anche nel cuore. E se il cuore brucia, di odio, di paura, di indignazione, di bestemmie, addio realtà.

Snowpiercer è il Giù la testa odierno non perché canta la necessità della revolución (non lo faceva neanche il più bel film di Leone), ma perché la strucca, le scioglie la maschera di bellezza. Quale rivoluzione? Tanto sono “tutti morti. Ecco la tua rivoluzione”. Eppure non è un suicidio di massa. Revolución non come sommossa populista (andatelo a dire a tutti gli anarchici dell’ultima ora), ma in quanto mistero del mondo. Perché il classismo, il male, l’orrore sono sempre e comunque misteriosi, nel senso che non riusciamo a capacitarci di come possano continuare a proliferare, a vivere. Non sarà imprevedibile, questo mistero, però svelarlo vuol dire anche ricominciare a capire. Non è vero dunque che questo mondo è pieno di misteri inspiegabili: i suoi misteri sono perfettamente inquadrabili.

Ecco perché è anche una questione di stile, che fa eccome la differenza. Bong Joon-ho, alla larga da qualunque tentazione pulp o postmodernista fuori tempo massimo, inquadra e monta con una chiarezza che non ha pari nella fantascienza (hollywoodiana) contemporanea. A tal punto che questo treno è anche la dimostrazione di una linearità espositiva, in grado di piegarsi (la scena degli spari attraverso i vetri) e di accumulare, ma non di spezzarsi (e quando si spezza, il film ovviamente finisce).

Non è così scontato mettere in scena la fine del mondo e il dopo-apocalisse senza irrigidirsi in legnosità argomentative (guardate Oblivion e Elysium), se consideriamo che sono passati quasi quarant’anni dai noti immaginari science fiction sociologici. Infatti mi sembra che più della metafora conti una volta tanto la forma: che è folgorante, limpida, per certi versi inammissibile nel mercato della pre e post-produzione di oggi. E non c’è niente da fare, un simile stile – che non è decoro o galateo ma educazione al cinema – non può che riflettersi sul tema, anzi, sulla tematica, come piace dire alla critica, e non viceversa (è ciò che dovrebbe capire buona parte dei blockbuster del genere).

Il riscatto della firma, che modula il problema: sono sempre in prima fila a rifiutare la poetica autoriale come ciambella di salvataggio, specialmente se in extrema ratio, ma Snowpiercer è una tale dimostrazione espressiva che non posso sottrarmi. Però Bong fa un passo successivo rispetto a molti cineasti ormai chiusi nel proprio artificio: lascia che a parlare sia ancora l’onestà riservata allo spettatore. Il cinema ritrova prepotentemente il piacere di un rapporto a due. In che modo? Azzerandone appunto ogni sovrastruttura, le bellurie estetiche, il trovarobato cinefilo. E riportando di nuovo al centro, come ha già fatto Cloud Atlas, il dispositivo che, gira e rigira, non ha eguali, il racconto, così forte da diventare epos. D’altronde, cosa c’è di più epico di un treno che sfreccia velocissimo e che è destinato – lo sappiamo bene – a esplodere? Ricordate come finiva Giù la testa, vero? Ecco.

             

Snowpiercer
Corea del Sud, Usa, Francia, 2013, 126'
Titolo originale:
id.
Regia:
Joon-ho Bong
Sceneggiatura:
Joon-ho Bong, Kelly Masterson, Jacques Lob, Benjamin Legrand, Jean-Marc Rochette
Fotografia:
Kyung-pyo Hong
Montaggio:
Steve M. Choe
Musica:
Marco Beltrami
Cast:
Chris Evans, Tilda Swinton, Luke Pasqualino, Jamie Bell, Alison Pill, John Hurt, Ed Harris, Octavia Spencer, Ewen Bremner
Produzione:
SnowPiercer, Moho Films, Opus Pictures, Stillking Films, CJ Entertainment
Distribuzione:
Koch Media, CJ Entertainment

2031. Un esperimento che mira a contenere il riscaldamento globale fallisce uccidendo praticamente ogni forma di vita sul pianeta. Sopravvivono solo i pochi privilegiati che sono riusciti a salire a bordo dello Snowpiercer, un treno che viaggia in tutto il mondo tramite un sistema che gli consente di mantenere il motore in moto perpetuo, usl quale si è instaurato un sistema sociale strutturato in classi.

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