Lulu Wang

The Farewell – Una bugia buona

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Continua collisione di prospettive, credenze e valori opposti, The Farewell - Una bugia buona ne rappresenta in realtà anche un incontro fertile, una risoluzione tramite docili compromessi.

Billi è la protagonista, una trentenne nata cinese e cresciuta negli Stati Uniti che si ritrova a dover accettare la decisione della famiglia originaria di tenere all’oscuro la nonna, per tutti Nai Nai, del tumore di cui soffre. La scusa per riunire tutti i parenti e salutare una volta per tutte l’anziana malata è data da un matrimonio improvvisato tra il giovanissimo cugino Hao Hao e la sua neo fidanzata giapponese.

La riunione della famiglia mette in tavola le più diverse peculiarità individuali, a servizio, tuttavia, del rispetto di una cultura che rappresenta l’origine di ciascuno dei suoi membri. Lo scontro tra modi di vivere e tradizioni dà vita ad un’ironia che permea l’intera narrazione, smorzando il tono più cinico e drammatico che la storia stessa – autobiografica della regista – potrebbe rivelare.

Billi è figura esemplare di questo faticoso incontro tra culture; inizialmente incredula e sconvolta dalle assurde decisioni della famiglia, la protagonista pare però lentamente arrendersi a ciò che è, accettare ciò che viene, ubbidire passivamente a ciò che le viene detto o richiesto, trasportata dal flusso potente del gruppo-famiglia.

La situazione di Billi, sospesa tra essere e non-essere (essere cinese e americana e allo stesso tempo non sentirsi completamente né l’una né l’altra) fa da specchio al complesso bilanciamento di contrasti che l’incontro-scontro di visioni nettamente diverse tende a creare. L’essere e non-essere è espresso, al di fuori della singola persona, dal rapporto confuso e illusorio tra verità e menzogna, tra giusto e sbagliato. Il confine è talmente relativo ed effimero che, di fatto, il giudizio di autenticità non può che rimanere sospeso.

L’unica certezza è l’insistita messa in scena, la facciata, l’illusione – a partire dal matrimonio di Hao Hao e dalla “bugia buona” detta alla nonna malata. Il resto appare a Billi e allo spettatore occidentale come mera negoziazione all’interno del gruppo famigliare, dove nulla può essere realmente proprio e personale, nemmeno l’esistenza individuale: «la vita di una persona, in Cina, è parte di un tutto», spiega lo zio alla protagonista.

All’opposto dell’individualismo americano, il legame familiare, di sangue, è l’unica cosa che realmente conta, tanto da mettere insieme quasi forzatamente personalità e complessi di valori estremamente distanti – dai genitori di Billi, che si ritengono americani, alla famiglia di Hao Hao che vive in Giappone ma continua a ritenersi cinese. La difficoltà di appartenere è dunque la fatica a sentirsi parte non solo di una tradizione ormai distante, ma innanzitutto di un gruppo familiare che è rimasto separato e lontano per venticinque anni.

C’è un passerotto che inspiegabilmente si presenta prima nell’appartamento di Billi a New York e poi nella sua stanza di albergo a Changchun. Un passerotto solitario, anomalia della natura, essendo l’esistenza del volatile, per definizione, strettamente legata a quella del clan – ricalcando quanto accade nella famiglia cinese.

La fatica a sentirsi parte di qualcosa di più grande è un peso per Billi tanto quanto un’anomalia per il resto della famiglia. Il viaggio, la vicinanza, l’unione quasi costretta dei vari membri sotto lo stesso tetto, e per finire la comprensione del profondo legame che li unisce rappresenta la chiave per la risoluzione dello scontro, nell’idea che ciò che realmente importa, ciò che sopravvive oltre la facciata, oltre le differenze, oltre le bugie “buone”, è l’affetto familiare, nutrito dal contatto con le persone e i luoghi della propria memoria, gli stessi che hanno contribuito a plasmare l’identità di ciascuno.

Ecco che allora l’esercizio di respirazione insegnato da Nai Nai a Billi e da lei ripetuto in mezzo alla folla a New York smuove un intero clan di passerotti che in gruppo volano via dai rami dell’albero, ricalcando il vistoso ralenti della famiglia che cammina in perfetta sincronia per le vie di Changchun.

The Farewell – Una bugia buona
Usa, 2019, 100'
Titolo originale:
The Farewell
Regia:
Lulu Wang
Sceneggiatura:
Lulu Wang
Fotografia:
Anna Franquesa Solano
Montaggio:
Matt Friedman, Michael Taylor
Musica:
Alex Weston
Cast:
Aoi Mizuhara, Awkwafina, Becca Khalil, Diana Lin, Han Chen, Shuzhen Zhao, Tzi Ma, X Mayo, Yang Xuejian, Yongbo Jiang
Produzione:
Big Beach Films, Depth of Field, Kindred Spirit
Distribuzione:
Bim Distribuzione

Una famiglia cinese scopre che alla nonna è rimasto solo poco tempo da vivere e decide di tenerla all’oscuro, programmando un matrimonio da celebrare prima della sua morte.

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