James Vanderbilt

Truth - Il prezzo della verità

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Una donna, Mary Mapes, inquadrata dall’alto, aspetta nella lussuosa anticamera di uno studio legale lavorando a maglia. Viene ricevuta da un avvocato impeccabile che la sottopone a una sorta di interrogatorio. Lei è visibilmente nervosa, prende un tranquillante, esibisce una lacerata fierezza, è in procinto di affrontare una guerra legale per difendere i suoi diritti e la sua dignità, umana e professionale. Sei mesi prima era in una sala di montaggio a terminare il suo servizio televisivo per la trasmissione 60 Minutes sulle torture inflitte dai militari americani ai prigionieri di Abu Ghraib, che le avrebbe fruttato un Peabody Award, una specie di Oscar del giornalismo.

Lo storico conduttore della trasmissione è Dan Rather, volto iconico della televisione americana, reputazione marmorea e dedizione assoluta al ruolo sociale e politico del suo lavoro. Mapes, con l’appoggio di Rather, si dedica allo studio di un nuovo servizio che indaga i supposti favoritismi ottenuti dal presidente George W. Bush durante il servizio militare nella Texas Air National Guard, che gli hanno permesso di evitare il Vietnam. Siamo nel 2004, in piena campagna presidenziale. Il gradimento di Bush è ondivago, le elezioni appaiono incerte e uno scandalo potrebbe spingere l’opinione pubblica a scelte di cambiamento.

L’equipe di 60 Minutes è una squadra d’assalto, una macchina che non conosce riposi o ostacoli, la verifica delle fonti è una prassi minuziosa che riguarda l’abnegazione e l’etica. Ma stavolta qualcosa non funziona: un documento che potrebbe essere falso, un informatore che ha omesso delle informazioni, un granello di sabbia che rischia di inceppare l’intero ingranaggio.

Truth - Il prezzo della verità racconta, più che lo scandalo che avrebbe coinvolto l’allora presidente, la tempesta che travolse Maples e Rather portando al licenziamento della prima e alle dimissioni forzate del secondo. Da una parte gli interessi corporativi della CBS, colosso dell’informazione tendente a blandire i suoi simboli per poi scaricarli davanti a imprevisti e minacce, e dall’altra giornalisti combattivi, rappresentanti di un’America devota al culto della verità, la cui carriera viene distrutta in nome di una trasparenza solamente di facciata. L’inceppo – una verifica per una volta lacunosa e troppo impermeabile al dubbio – è dovuto all’incuria della squadra di Maples o alla macchinazione dell’establishment, pronto a sfruttare ogni inciampo per favorire la permanenza al potere di Bush?

Truth è un film a tesi che guarda all’impegno morale come unico motore possibile del mestiere giornalistico – in questo è molto più simile a Tutti gli uomini del Presidente di quanto non lo sia Il caso Spotlight, legato a un valore sociale e narrativo della cronaca, basato sul lavoro delle persone e non sulla creazione di mitologie – e, come il cinema degli anni Settanta, non ha paura di prendere posizione, confutando la legge per cui la storia la scrivono sempre i vincitori.

Quello che lo avvicina a Il caso Spotlight, semmai, è una certa visione nostalgica – e vagamente anacronistica – del mondo dell’informazione in tempi di Internet e informazione liquida. La ricerca del consenso e dell’empatia sono affidate esclusivamente alle increspature dei volti dei protagonisti – Cate Blanchett, che è monumentale, e Robert Redford, che è Robert Redford – invece che a un’accurata anamnesi dell’indagine. James Vanderbilt, sceneggiatore di Zodiac qui alla sua opera prima, lascia agli attori il peso e il carisma della storia, disegnandoli come eroi in lotta contro un sistema perverso che, pur essendo indistruttibile, vale sempre la pena di combattere.

La verità è una bandiera, il peso simbolico è mito fondante più delle umane imperfezioni («Print the legend», come sempre). La difesa un po’ manichea di un ideale, sia pure dalla parte giusta, prevale su un’idea di messa in scena (come ha scritto Pier Maria Bocchi: «il cinema americano pare rivendicare ancora una volta la necessità della denuncia, recuperando in superficie sviluppi e “pose” del passato nel tentativo di esercitare sulla realtà un gesto politico, di scelta, di parte») e alla fine Truth si rivela un intrattenimento intelligente ma un po’ imbalsamato, incapace di immaginare forme nuove di cinema politico e che finisce per rifugiarsi in una tardiva logica da star system che non sembra invecchiare sempre bene.

Truth: Il prezzo della verità
Australia, Usa, 2015, 125'
Titolo originale:
Truth
Regia:
James Vanderbilt
Sceneggiatura:
Mary Mapes, James Vanderbilt
Fotografia:
Mandy Walker
Montaggio:
Richard Francis-Bruce
Musica:
Brian Tyler
Cast:
Rose Riley, Louis Herthum, Chris Mulkey, Patrick St. Esprit, Tim McCunn, Jo Turner, Gael Ballantyne, Steve Bastoni, Matt Ruscic, Elizabeth Nabben, Zahra Newman, Philip Quast, Lewis Fitz-Gerald, Helmut Bakaitis, Felix Williamson, Connor Burke, Noni Hazlehurst, Natalie Saleeba, Andrew McFarlane, Rachael Blake, Dermot Mulroney, David Lyons, John Benjamin Hickey, Stacy Keach, Bruce Greenwood, Elisabeth Moss, Dennis Quaid, Topher Grace, Robert Redford, Cate Blanchett
Produzione:
RatPac Entertainment, Echo Lake Entertainment, Mythology Entertainment (II)
Distribuzione:
Lucky Red

 

settembre 2004, Mary Mapes produttrice della CBS News  e Dan Rather, il conduttore di 60 Minutes, mandano in onda un reportage investigativo nel quale si rivelano pesanti prove di inadempienza a carico del Presidente George W. Bush in riferimento al periodo in cui era pilota nella Guardia Nazionale dell'Aeronautica del Texas, dal 1968 al 1974. In pochi giorni perà l'attenzione scatenata dallo scoop giornalistico si sgonfia completamente ribaltando le carte in gioco e mettendo i due giornalisti al centro di una spinosa situazione. 

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