CINEFORUM / 13NS

Rosebud

Se digitate Quarto potere su google, trovare subito un paio di domande:  «Chi è Rosabella in Quarto potere?» e «Come finisce Quarto potere?», come se il film non fosse stato capito. Forse si tratta solo di domande oziose di qualcuno che non l’ha mai visto (ma allora: perché porsele?). Oppure di reali problemi di comprensione dettati dalla struttura narrativa  del film di Welles che, con il suo incastro di tempi e punti di vista diversi (e, naturalmente, con la definitiva messa a punto del pan focus di Gregg Toland), aprì la strada al cinema moderno (possibile ma improbabile perché da allora il cinema – ma anche la televisione – ha fatto di tutto quanto a tempi, andirivieni, spezzettamenti, soggettive). Magari, invece, il dubbio su Rosabella nasce dal doppiaggio italiano, dove il cittadino Kane, sul letto di morte, sussurra «Rosabella!», e la palla di vetro con la neve gli scivola di mano, mentre nel finale, sullo slittino che brucia tra le altre cianfrusaglie di Xanadu, leggiamo l’originale Rosebud. Strano, considerato l’abuso attuale della lingua inglese, ma possibile, visto che non si tratta di un termine tecnico, né social, né aziendale.

Tutto questo per invitare ad andare a vedere al cinema il film più importante (e forse il più bello) della storia, Quarto potere, che è stato rimesso in circolazione, rimasterizzato, da I Wonder Classics e che speriamo continui a essere disponibile nei prossimi mesi. Come accadrà per Radio On di Chistopher Petit (Lab 80 Film), Scarface di Brian De Palma (Lucky Red), per L’arpa birmana di Ichikawa Kon, Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola e i tanti altri classici o neo-classici riportati in vita dalla Cineteca di Bologna.

Perché i film sono come i libri: devono restare in giro, essere visti (quelli belli per intero, non solo scene cult, tanto per fingere di averli visti). Non come Rosebud, che è l’armonia e il rimpianto del nostro passato, distrutti dalle fiamme (a questo proposito, il Primo piano di questo numero s’interroga sull’armonia immaginaria degli autori padri, se non nonni, del cinema contemporaneo).

E, quanto a “padri”, non si poteva non dedicare a Marlon Brando, nel centenario della sua nascita, la copertina di questo numero. Addirittura due copertine: le due facce, quella aggressiva e ribelle e quella vulnerabile e colta, di Brando, l’attore più importante della storia del cinema, che tutti conoscono, anche i giovani, che però non hanno mai visto i suoi primi cinque film, quelli nei quali rivoluzionò la recitazione.