CINEFORUM / 591

Storie

Il gran numero di film arrivati nelle sale tra i mesi di dicembre e gennaio non solo ha dato qualche problema di impaginazione alla vostra affezionata rivista «Cineforum», costringendoci a un paio di drastiche e dolorose decisioni, ossia a far slittare al prossimo numero due “Primipiani” dedicati a titoli usciti negli ultimi giorni del periodo compreso nel piano iniziale di pubblicazione, per i quali non abbiamo potuto trovare posto in queste pagine. La circostanza contingente non ha potuto non suggerirci anche una riflessione di ordine più generale, che merita certamente approfondimenti futuri. Come è agevole verificare immediatamente scorrendo il sommario di questo numero, ci troviamo di fronte a film di ogni tipo, originati da approcci diversissimi, a racconti che muovono da spunti e da mondi narrativi quanto mai differenti: la grande Storia (passata e presente), la letteratura, le vicende quotidiane di individui al cui posto potremmo tranquillamente esserci noi; il vero e il verosimile intrecciati senza soluzione di continuità così come lo sono ragione e sentimento messi a dura prova nell’affrontare tanta narrazione, cercando ogni volta lo sguardo “giusto” per definirla e comprenderla.

È innegabile ormai – e qui arrivo al punto – che la nostra esistenza per così dire “reale” si accompagna a una quantità di finzione narrativa talmente abnorme, che attraversa e dalla quale è continuamente attraversata, con conseguenze quanto meno problematiche sul rapporto che si instaura, a causa di questa sovrapposizione, fra ciò che siamo (o pensiamo di essere) e ciò in cui ci identifichiamo e spesso finiamo per proiettarci. Il confine fra le due dimensioni, quella “reale” e quella raccontata, è sottile e poroso; i due flussi si rimescolano talvolta in modo imprevedibile al punto da formarne uno solo nel quale è tutto sommato agevole e non insensato riconoscersi. Gli universi finzionali che premono su questa sottilissima barriera fino ad annullarla in una sorta di dissolvenza incrociata sono a portata di mano: per fruirne non è più necessario uscire di casa alla ricerca di una sala cinematografica, basta un telecomando, una tastiera. Piattaforme virtuali dispensano film e serie televisive secondo una logica di pervasività che ci spinge a una resa allettante più che una resistenza dai dubbi risultati.

Ci muoviamo, in definitiva tra fantasmi di libertà personale e proiezioni fantasmatiche di noi stessi in una narratività diffusa alla ricerca di un’identità sempre sfuggente, larvale ma tutt’altro che spaventevole, anzi donatrice di gratificazioni per alcuni immediate e compensatrici, per altri mediate, intellettuali e per questo foriere di ulteriori affascinanti dissidi interiori su cui ci piace, in fondo, continuare a scrivere. La bellezza non ci salverà, ma l’amore con cui ci dedichiamo alla sua ricerca ci restituisce comunque un’immagine della salvezza. E questo ci è d’aiuto.