Home Care del ceco Slávek Horák è stato l’ultimo film in concorso presentato al Bergamo Film Meeting e, senz’ombra di dubbio, anche il più applaudito.
Sulla scia di Mózes, il pesce e la colombra, vincitrice della Mostra Concorso lo scorso anno e distribuito in questi giorni da Lab80, anche Home Care scegle la strada difficile e poco battuta della commedia drammatica, genere spesso scivoloso. Il regista mette in scena la storia di Vlasta, infermiera a domicilio in una cittadina della Moravia, donna sensibile, generosa e schiacciata da un enorme senso di responsabilità, condizione che l’ha portata a sacrificare la propria in vita in favore del marito, della figlia e dei suoi pazienti. All’improvviso, però, questa vita dominata dalla monotonia e dalla generosa sottomissione ai bisogni altrui subisce una brusca virata: ricoverata in ospedale a causa di un innocuo incidente stradale, Vlasta scopre di avere il cancro al pancreas. È in una condizione terminale, le metastasi sono ovunque. Costretta ad abbandonare ogni certezza, grazie all’aiuto di un’amica pranoterapista, la protagonista intraprende un difficile ma intenso percorso che la porterà a comprendere gli esiti distruttivi del suo comportamento altruista.
In Vlasta si risveglia quella che lo psicologo statunitense Carl Rogers ha chiamato tendenza attualizzante, forza essenziale all’origine della crescita e dello sviluppo di ogni persona. Si tratta di un’energia emotiva che se viene espressa in modo autentico e libero, porta l’individuo ad affrontare consapevolmente le difficoltà e gli ostacoli per andare verso una sempre maggiore autonomia e (auto)realizzazione. Non a caso, benché le numerose sofferenze che affronta a livello fisico e relazionale, Vlasta si trasforma, cambia la propria vita e affronta l’esistenza in modo nuovo, aperto. Si sbarazza di vecchi comportamenti, inizia a farsi rispettare dal marito prepotente, alza la voce con i pazienti ed affronta la realtà con un equilibrio mai provato priva, generativo.
Ciò che stupisce di Home Care, però, non sono la trama o la narrazione chiara e lineare, bensì l’incredibile varietà di registri utilizzati: un poliedricità stilistica inusuale e affascinante, soprattutto se proposta in un lungometraggio d’esordio. Horák, infatti, riesce a dirigere un film profondamente drammatico, in grado di toccare temi importanti come la morte, l’accettazione e il dolore con uno stile leggero, ironico, che in più di un’occasione strappa sorrisi genuini.
Home Care diverte grazie a un umorismo intelligente, capace di alternare siparietti screwball a comiche battute surreali ma senza smettere di interrogare lo spettatore sui grandi temi dell’esistenza. È senza dubbio questo l’ingrediente più interessante e coinvolgente di questo film.