Hors du temps di Olivier Assayas

focus top image

Dopo una produzione impegnativa e importante come la miniserie per HBO Irma Vep, Olivier Assayas torna al cinema con una sceneggiatura che è in realtà la trasposizione cinematografica di appunti che lui stesso ha preso durante il confinamento della pandemia da Covid.  Scritto innanzitutto come delle note per restituire e testimoniare le emozioni attraversate in uno dei momenti cruciali della Storia recente, il testo prende via via la forma di un film autobiografico.

Al centro della narrazione la relazione fra il regista e suo fratello (nel film rispettivamente Vincent Macagne e Micha Lescot) stimato speaker radiofonico, obbligati a stare, insieme alle loro rispettive compagne, nella casa di campagna dei genitori oramai deceduti. Una situazione dichiaratamente privilegiata che, forse anche per questo, viene descritta in forma di caricatura ironizzando sull'ansia - diventata quasi paradossale se non addirittura a tratti ridicola con il senno di poi - che ha caratterizzato quel periodo. Gesti come lasciare la spesa fuori casa ad "arieggiare" prima di riporla in frigo o le lavatrici fatte compulsivamente ogni volta che si rincasava dopo il minimo contatto con il mondo esterno, diventano pretesti per numerose gag confidate ai corpi comici degli attori.

Ma la pandemia è soprattutto la chiave che Assayas utilizza per analizzare e raccontare la relazione intima e talvolta feroce di due persone di mezza età cresciute insieme in un mondo che è sparito, e che per i due personaggi femminili, più giovani, non è neppure un vero riferimento. Il film assume allora un tono nostalgico e insieme autoironico che pone l’accento su vezzi e infantilismi dei due fratelli il cui peccato principale diventa l'ostentazione del sapere, il vanto che deriva dallo sfoggio delle conoscenze accumulate negli anni tramite le letture, gli incontri, gli ascolti musicali.

Si succedono così a ritmo incalzante riferimenti a Brassens accanto a citazioni dalle lettere di Abelardo e Eloisa, Racine, e ancora i richiami ai Beach Boys, ma anche dissertazioni su Amedeo Modigliani o Francesco Zuccarelli. La casa, i libri, i mobili prendono vita grazie alla macchina da presa che li mette in scena descrivendoli con l’accompagnamento della voce off del regista. L’itinerario domestico racconta di una famiglia, di un passato, di ricordi e rimossi prendendo progressivamente i toni dell'elaborazione del lutto e diventando il personale cammino di Assayas per cercare di fare pace con i luoghi della sua infanzia. Quegli stessi che fatica a metabolizzare ma che paradossalmente già pensa di lasciare in eredità alla figlia. Utilizzando quell’inedito momento di introspezione collettiva che è stato il periodo del lockdown, Assayas trova il modo non tanto di raccontare una storia ma di testimoniare il proprio vissuto e interagire con un passato che riemerge con tutto il suo portato emotivo.