Sonia Bergamasco: La locandiera e il gioco delle parti

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Cineforum Web inaugura Limelight (in omaggio al celebre titolo di Charlie Chaplin, Luci della ribalta), una rubrica mensile sul teatro a cura di Marì Alberione, che è stata redattrice di FilmTV e I duellanti e collaboratrice di duels.it, oltre che consulente per la selezione del Torino Film Festival dal 2009 al 2015, sotto le direzioni di Nanni Moretti, Gianni Amelio, Paolo Virzì, Emanuela Martini. 

Si parte con un’intervista a Sonia Bergamasco, protagonista di La locandiera di Goldoni messa in scena da Antonio Latella

 

La locandiera secondo Latella: una scena essenziale (di Annelisa Zaccheria), costumi contemporanei (di Graziella Pepe), musiche e suoni inaspettati (di Franco Visioli, a un certo punto riecheggia The Real Slim Shady di Eminem frammisto a note classiche), luci (di Simone De Angelis) non convenzionali - quattro neon che sfrigolano all’aumentare della temperatura emotiva - e attori impeccabili. Il regista, coadiuvato dalla dramaturg Linda Dalisi, modernizza Goldoni, rimanendogli fedelissimo e sottolineando così la grande attualità e la potenza rivoluzionaria dell’opera andata in scena per la prima volta nel 1753. Un testamento che è «una grande operazione civile e culturale […] un manifesto teatrale che dà iniziò al teatro contemporaneo» in cui Goldoni «scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile», come dice lo stesso Latella nelle note di regia. Siamo quindi in presenza di un grande classico che nelle mani di Latella si fa inedito e propone, fortissima, l’idea della rappresentazione. Qui tutti recitano un ruolo: il Marchese di Forlipopoli (Giovanni Franzoni) e il Conte di Albafiorita (Francesco Manetti) sono i rivali in amore che si contendono le grazie della bella locandiera offrendo denaro e protezione, il Cavaliere di Ripafratta (Ludovico Fededegni) disprezza le donne per principio e per questo è definito «un altro bel carattere da commedia», il suo Servitore (Gabriele Pestilli) e Fabrizio (Valentino Villa), il cameriere di locanda innamorato della padrona, le due commedianti (Marta Cortellazzo Wiel e Marta Pizzigallo) che giocano a fare le gran dame, e soprattutto Mirandolina (Sonia Bergamasco) che si cala nel personaggio indossando bizzarri stivaletti, novella Dorothy che rivendica il suo posto nel mondo e alla fine torna scalza perché «cambiando stato voglio cambiar costume». Abbiamo incontrato Sonia Bergamasco.


 

Scordiamoci la Mirandolina civettuola a cui il teatro ci ha abituato. Qui c’è una donna brillante, intelligente, determinata, regista di quel che avviene in scena. Come hai lavorato sul personaggio?

Ho lavorato attraversando il testo e mettendomi in ascolto della storia per entrare nelle sue pieghe attraverso la lingua di Goldoni, d’accordo e in sintonia con Antonio Latella su tutto. È una lingua disegnata sui corpi dei personaggi, e anche sui corpi degli attori perché Goldoni scrive per i suoi attori e si sente moltissimo. È una lingua forte, vitale, vibrante mobile, vivace, piena di sfumature, di non detto che - da interprete - ti offre possibilità splendide di movimento espressivo. Sono state prove molto intense, durante le quali Linda Dalisi ci ha accompagnato alla scoperta di Goldoni attraverso storie dalla sua vita, mémoires e altri aneddoti per acchiappare tracce, per cercare di fare luce anche dove le cose sembravano più sfuggenti… Goldoni ci consente di lavorare proprio sul personaggio, non ci sono maschere né cliché, ci sono personaggi densi a tutto tondo. Insieme a tutti gli attori ho poi lavorato sui rapporti che si creavano via via. È stato un percorso molto affascinante. E appassionante.

Emerge in maniera potente quanto il testo di Goldoni sia fortemente focalizzato sulla rappresentazione. Mirandolina finisce per sedersi su uno sgabello in proscenio a osservare il dibattersi degli altri personaggi.

Questo è il tocco magico di Latella che però è stato estremamente rigoroso e rispettoso del dettato di Goldoni. Antonio ama profondamente Goldoni, lo ha sempre amato, lo ha sempre letto e studiato e voleva affrontare questa Locandiera disarmato, entrando nella storia e lavorando con quello che Goldoni ci offre. Il risultato è che noi attori ogni sera abbiamo voglia di fare questo spettacolo, amiamo riscoprirlo, giocarlo e misurare l’elasticità degli spazi espressivi che ci propone la storia.

Latella nelle note di regia parla di Café Müller di Pina Bausch. Anche lì un locale pubblico, persone che si sfiorano o scontrano senza incontrarsi… Nel tuo libro Un corpo per tutti. Biografia del mestiere di attrice (Einaudi, 2023) dici che è l’opera di Pina Bausch che più ti ha segnato. Come avete lavorato su questa suggestione?

Non ho voluto razionalmente dare sottolineature a quello che ho letto e che Antonio mi ha detto dei suoi riferimenti espressivi, ho voluto mettermi con lui in ascolto del testo prima di tutto e di quello che lui suggeriva mano a mano che andavamo avanti con il lavoro. Non ho voluto caricarlo di quelle che per me erano sovrastrutture, nel senso che per me quella di Café Müller è un’ispirazione poetica di Antonio, sicuramente un’ispirazione forte di cui adesso trovo le tracce, però come esito, non come partenza. Ho lasciato che le cose andassero dove dovevano andare. Poi effettivamente i conti tornano. Sempre.

Parlando della precedente esperienza con Latella sempre nella tua biografia dici che Martha, il personaggio di Chi ha paura di Virginia Woolf, "è arrivata nel momento giusto del mio percorso. È una donna che racchiude tante donne". E di Mirandolina cosa diresti?

Di Mirandolina sono così felice… Quando Antonio me lo propose rimasi a bocca aperta perché non me lo sarei mai aspettato, però Antonio mi stupisce sempre. Intanto gli ho detto di sì dopo un minuto, a scatola chiusa, e poi ho ripensato a quanto anche Goldoni mi appartenga, il mio battesimo è con Trilogia della villeggiatura, peraltro con Antonio che faceva ancora l’attore nella Compagnia dei giovani che aveva composto Massimo Castri (maestro «che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana», dice Latella rendendogli omaggio ndr)

Dopo tanto teatro, torni al cinema?

Concludiamo la tournée di La locandiera a Roma, ma riprenderemo lo spettacolo nella prossima stagione. Per il cinema ho finito di lavorare a La vita accanto di Marco Tullio Giordana, dal libro di Mariapia Veladiano. Abbiamo girato a Vicenza, il film è pronto, non so quando uscirà. Ho un altro progetto in partenza per la primavera-estate. E poi c’è il mio documentario su Eleonora Duse e il mestiere dell’attrice: è un lavoro che mi porto dietro da moltissimo tempo e che vorrei ultimare quest’anno. Ma devo dire che mi è tornata una gran voglia di proporre una regia teatrale…


 

Produzione Teatro Stabile dell’Umbria

https://teatrostabile.umbria.it/spettacolo/la-locandiera-3/

Prossime date:

Roma,  Teatro Argentina    17-28 aprile

https://www.teatrodiroma.net/doc/8124/la-locandiera

 

Foto di Gianluca Pantaleo