"L'età dell'innocenza" e il "Faust"

Il paradiso non esiste

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New York, anni settanta di due secoli fa. Le note del Faust di Gounod ci accompagnano sul palco dell’Academy of Music dove è in scena l’opera che tradizionalmente inaugura la stagione. Il soprano canta immersa tra i fiori ma la macchina da presa abbandona l’azione per scrutare il pubblico. Un’acconciatura, un panciotto, un orecchino, un bracciale. E, soprattutto, un binocolo da teatro con cui spiarsi e controllarsi.

La musica incalza ma l’attenzione di tutti è concentrata su ciò che avviene nei palchetti. Il montaggio alterna cantanti e spettatori, suggerisce che entrambi fanno parte di una rappresentazione. Il pettegolezzo sagace monta su un sottofondo di fiati. Newland Archer si alza e raggiunge la fidanzata, seduta accanto alla contessa Olenska, dolente e inconsapevole Margherita faustiana.

Quell’incontro, destinato a sconvolgere le loro vite, inizia con una fugace stretta di mano e innocenti ricordi d’infanzia. Traspare una nostalgia languida per l’età dell’innocenza sospirata e perduta, ormai sepolta da un mondo schiavo di convenzioni sociali e gerarchie morali. «You have been away a very long time» dice Newland alla contessa. «So long I’m sure I’m dead and this dear old place is heaven» gli risponde lei con un sorriso.

Non le servirà troppo tempo per scoprire che il paradiso non esiste nei salotti feroci di New York, governati dall’ipocrisia e dalla neoetica altoborghese. Le percussioni segnano il crescendo musicale, Scorsese torna sugli attori, riprendendoli da dietro, s’infila tra di loro per regalarci un’inquadratura perfettamente frontale e rivelatrice sul pubblico che applaude. Lo spettacolo – la finzione! – sono loro. Lì si culla la tragedia. È quello il teatro in cui si consumano violenza e sopraffazione: le stesse dei gangster di Goodfellas, solamente agghindate con un vestito più elegante.

http://www.youtube.com/watch?v=aFVVRIjh4I8