Sesso e cinema 5. Judd Apatow

Atti (sessuali) mancati

focus top image

È celebre la frase con cui Jacques Lacan sentenziò l’impossibilità strutturale tra uomini e donne di congiungersi in un rapporto simbiotico, pacificante e definitivo: “non c’è rapporto sessuale”.

Non vuol dire, beninteso, che uomini e donne non facciano esperienza del sesso o che non passino persino la loro vita a ossessionarsi con tutto ciò che riguarda la sfera sessuale – l’evidenza empirica di un mondo iper-sessualizzato ci dimostra il contrario –, ma che tra chi nel mondo occupa una posizione maschile e chi occupa una posizione femminile (e non sempre coincidono con l’anatomia) vi sia una distanza incolmabile. Un’asimmetria e una differenza fondamentale. L’esperienza del godimento del corpo insomma non è un’esperienza che unisce, ma che divide.

Al cinema invece, sappiamo che è più facile che venga mostrato l’incontro sessuale riuscito: l’energia sessuale prorompente, il desiderio soddisfatto, gli orgasmi sincronici. In tutte le gradazioni dell’erotismo, da quello subliminale alla pornografia hardcore, l’atto sessuale è sempre un atto riuscito.

È la psicoanalisi che invece che interessarsi agli atti riusciti ha sempre preferito spostare l’attenzione sugli atti mancati. Ma chi al cinema è stato capace di farlo, soprattutto per quando riguarda la rappresentazione dell’atto sessuale?

Se ne potrebbero citare diversi nel passato, ma sono forse pochi quelli che negli ultimi anni sono stati così coerenti ed efficaci nel mostrare l’asimmetria dei rapporti tra uomini e donne di quanto abbia fatto Judd Apatow. Produttore, regista, sceneggiatore, ideatore di serie televisive, la Apatow “factory” ha prodotto un insieme di opere con diversi livelli di interesse e valore, ma è sorprendente notare come nella quasi totalità di esse vi sia una rappresentazione dell’atto sessuale come atto incerto, problematico, persino angoscioso. E dove nell’incontro tra uomini e donne qualcosa va storto.

Si vedeva già da Freaks and Geeks, la serie televisiva di culto che tra il 1999 e il 2000 raccontò in un’unica stagione di 18 puntate un gruppo di adolescenti del midwest alle prese con la vita quotidiana della scuola superiore. E dove naturalmente i primi incontri con l’altro sesso costituivano una delle preoccupazioni fondamentali. Come dichiarò Pual Feig, co-autore di Apatow in Freaks and Geeks, “abbiamo sempre tentato di mostrare la paura del sesso. Mi ero stancato di vedere ogni adolescente rappresentato nei film come sempre eccitato e a proprio agio con la sessualità. Per molti ragazzi il problema non era come riuscire a fare sesso, ma come fuggirne”.

Ma quest’attenzione si conferma anche nel primo film di Apatow da regista, 40 anni vergine, la storia di un uomo (Steve Carell) che fino ai quarant’anni ha vissuto come un adolescente tra soldatini, giochi di ruolo e videogame, e ha costantemente rifiutato la pubertà. Quando finalmente incontra una donna (Catherine Keener) di mezza età con la quale inizia una frequentazione, entrambi decidono di non fare sesso fino al ventesimo appuntamento. Arrivati al dunque però le cose non vanno proprio come auspicato…

In Molto incinta, invece, i due protagonisti Ben (Seth Rogen) e Alison (Katherine Heigl) finiscono a letto quasi per caso dopo una serata in discoteca, ma decidono di iniziare una relazione dopo che scoprono che lei in quell’unica notte di sesso è rimasta incinta. A gravidanza ormai inoltrata riprovano a fare sesso… ma la presenza del bambino produce fantasmi inaspettati!

Persino nell’ultimo Questi sono i 40, in cui Judd Apatow racconta la storia di una famiglia di mezza età in crisi di coppia, la pellicola inizia con una sequenza di sesso in una doccia. E dove pare persino che l’energia sessuale dei due protagonisti – Pete (Paul Rudd) e Debbie (Leslie Mann) – abbia ritrovato lo smalto di un tempo. Fino a che non si scopre che tutta quest’energie prorompente non dipendeva da un desiderio ma da una semplice pastiglia di Viagra.

Insomma, cosa succede quando il sesso al cinema non è l’espressione di un estasi di godimento liberatorio, ma è una domanda enigmatica su qualcosa di noi stessi che non conosciamo? E di cui non sappiamo dare risposta?