Bradley Cooper

Maestro

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C’è l’inconfondibile marchio Netflix nella biografia di Leonard Bernstein che Bradley Cooper ha scritto (con Josh Singer), diretto e mimeticamente interpretato. Un marchio che di norma la piattaforma riserva alle produzioni d’autore (vedi BlondeBardo o lo stesso El conde) e fatto, proprio come in Maestro, di superlativa tecnica fotografica, di interpretazioni di gran classe, di gigantismo produttivo e di eleganza stilistica (che di norma, specie in casi come questo in cui un regista tutto sommato neofita si preoccupa di mostrare la sua sensibilità registica, significa lente carrellate, piani sequenza, sequenze elegantemente costruite...).

Per fortuna, l’impegno che Cooper ci ha messo nel concepire e realizzare il suo film non è stato del tutto invano. Di uno dei più grandi geni musicali del XX secolo, grande compositore, straordinario divulgatore e soprattutto fondamentale direttore d’orchestra, nel film viene messa in risalto l’intima natura contraddittoria e lacerata. Il Bernstein di Maestro, di cui viene seguita la carriera fin dal 1943, anno del debutto alla Carnegie Hall con New York Philharmonic, è un uomo vitale, energico, talentuoso, egocentrico, amante della vita e dell’amore, diviso principalmente tra la natura di direttore e quella di compositore (o tra quella di esecutore e quella di artista), da cui scaturisce il conflitto fra un’omosessualità vissuta tutto sommato serenamente e l’amore sincero per la moglie Felicia Montealegre, attrice d'origine cilena conosciuta durante una festa nel 1946, nel corso degli anni periodicamente lasciata per altri uomini e poi accudita fino alla morte avvenuta nel 1978, dopo la scoperta di un tumore ai polmoni.

Al centro del film c’è naturalmente la storia sentimentale tra Leonard e Felicia (interpretata da una straordinaria Carey Mulligan), il loro patto d’amore siglato, spezzato e varie volte ricomposto in nome di una reciproca onestà e messo narrativamente al centro di un percorso biografico che lascia in secondo piano quasi tutta la produzione musicale per privilegiare la dimensione intima della coppia.

Ciò che Cooper riesce a evitare, però, è proprio la classica opposizione tra pubblico e privato tipica del cinema americano, dal momento che la stessa incertezza sentimentale di Bernstein (e di contro la propensione di Felicia, come dice lei stessa con una battuta, «ad attirare un certa tipologia di uomini»…) sta iscritta a monte nel rapporto irrisolto che entrambi vivono tra realtà e palcoscenico, tra vita e arte (per lui la musica, per lei la recitazione), e che la prima parte del film in bianco e nero e stilisticamente movimentata da diverse movimenti di camera e continui passaggi tra la scena e la vita vera mette chiaramente in risalto.

Diviso fra Mahler e il pop, il musical e la tv, la popolarità e la solitaria ricerca artistica, Bernstein fin da giovane dichiara di volere tante cose nella vita, di non sapere e non volere scegliere, di avere il cuore colmo d’amore per tutti. E di contro la moglie gli rinfaccia l'egocentrismo, il suo vittimismo, la propensione a trasformarsi progressivamente in un omosessuale inacidito. Quando nella seconda parte il film passa al colore, lo stile più compassato e a distanza (molte conversazioni fra Leonard e Felicia sono riprese in campo lungo o con una focale larga che sborda le inquadrature ai lati) porta agli anni della maturità di entrambi i protagonisti e all’adagio delle loro esistenze, dando l’idea di una scrittura cinematografica che segue essa stessa – in un film tutto sommato parco nell’uso della musica – l’andamento di una sinfonia.

È perciò significativo – e calcolatissimo – che il clou emotivo del film avvenga in una spettacolare (e a quanto pare non così filologica) sequenza in cui Bernstein dirige il finale della II sinfonia di Mahler e la bellezza travolgente della composizione porta al ricongiungimento con Felicia (mentre in precedenza il celebre Adagietto della V sinfonia aveva segnato la loro unione, nel nome comunque di una sovrapposizione anche formale di elementi impossibili da sbrogliare...), prima della coda drammatica del loro amore.

Maestro è in fondo un film semplice. Non è un film classico, perché ha il passato rapsodico e ricercato di tanto cinema contemporaneo. È però il formalmente ottimo saggio di regia di un attore che non sarà mai un regista; è la prova credibile di due bravissimi interpreti; è una sinfonia per immagini inutilmente lambiccata, forse, ma capace di trasmettere, a volte con pochi tocchi di regia (il racconto della morte di Felicia è discreto ed emotivamente ben gestito, ad esempio; così come la scelta di lasciar fuoricampo la dimensione da star di Bernstein), il dolore di un uomo e una donna, e l’amore che dentro quella ferita ha saputo resistere.


 

Maestro
Stati Uniti, 2023, 129'
Titolo originale:
id.
Regia:
Bradley Cooper
Sceneggiatura:
Bradley Cooper, Josh Singer
Fotografia:
Matthew Libatique
Montaggio:
Michelle Tesoro
Musica:
Leonard Bernstein
Cast:
Carey Mulligan, Bradley Cooper, Matt Bomer, Vincenzo Amato, Greg Hildreth, Michael Urie, Brian Klugman, Nick Blaemire, Mallory Portnoy, Alexandra Santini, Jarrod LaBine, Sarah Silverman, Kate Eastman, William Hill
Produzione:
Sikelia Productions, Amblin Entertainment, Fred Berner Films, Netflix, Lea Pictures
Distribuzione:
Netflix

Vita, carriera, amori di Leonard Bernstein, leggendario compositore e direttore d’orchestra.

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