CINEFORUM / 4NS

Everybody Wants To Be a Cat

“Tutti quanti vogliono essere un gatto” è la traduzione letterale di quel Tutti quanti vogliono fare jazz che accompagna la scena più famosa degli Aristogatti: gatti di strada che improvvisano una jam session per Duchessa e i suoi cuccioli. Criptico solo all’apparenza, il testo originale da un lato gioca sull’uso della parola “cat” nell’era del jazz (e poi in quella del beatnik) per indicare una persona “di tendenza”, cool (per dirla con un francesismo, un figo), contrapposta agli “square” e “corny”; mentre dall’altro coglie perfettamente lo swing e il ritmo insiti nelle stesse movenze dei gatti, l’imprevedibilità, l’armonia, la frenesia, l’autonomia, l’essenza stessa della “gattitudine”. Che è come dire essere beatnik o essere jazz (solo più tardi rock). Perciò, la traduzione italiana non è così infedele come può sembrare. Allora, tanto per essere cat o jazz, anche Cineforum abbandona per un numero il viaggio attraverso i Paesaggi Italiani (che torneranno comunque nel prossimo) e propone un inserto colore a tutto ritmo, sulla musica che sta dilagando sugli schermi (sala, tv e web) con una quantità di documentari, serie, biopic e musical. Tra questi, il più atteso è naturalmente il nuovo West Side Story di Spielberg, la cui prossima uscita natalizia ha fatto riesplodere la popolarità del classico del 1962 di Wise e Robbins, cui dedichiamo la copertina.

Quanto al Primo Piano, gioca con le rifrazioni di se stessi che autori di tendenze, nazionalità, generazioni diverse hanno proiettato e sempre più numerosi proiettano nei loro film: da È stata la mano di Dio di Sorrentino a Belfast di Branagh (già visto ai festival e in uscita da noi in febbraio) a La scelta di Anne (Leone d’oro a Venezia) che Audrey Diwan ha tratto dal romanzo autobiografico di Annie Ernaux allo stesso Cry Macho di Clint Eatswood, che non è autobiografico, ma certamente un tassello della riflessione dell’autore sul proprio personaggio e la propria storia. E in qualche maniera è una ricognizione autoriflessiva anche quella di David Chase, che quindici anni dopo realizza una sorta di “come eravamo” (meglio: “come erano”) di quel capolavoro della tv che è I Soprano. Quindi, tra specchi, glam, jazz e rock, a tutti buon 2022!