Michael Rianda, Jeff Rowe

I Mitchell contro le macchine

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Alla fine, a ben guardare, sia il viaggio che l’apocalisse sono una questione di famiglia. E I Mitchell contro le macchine (dal 30 aprile disponibile su Netflix), stroboscopico esordio come autori per Michael Rianda e Jeff Rowe, lo conferma, accompagnando una famiglia un po’ stramba, catalogo di molte delle debolezze possibili in ambito domestico, in un viaggio per recuperare le relazioni all’interno di essa che si trasforma presto in una lotta per la sopravvivenza di se stessi e dell’intera umanità.

I Mitchell contro le macchine è un insieme denso. Al suo interno c’è praticamente di tutto, come se fosse un’emanazione di quel gioco di connessioni tecnologiche che prende argutamente di mira, pur guardandolo attraverso uno specchio deformante che restituisce l’umanità in tutta la sua colpevolezza alienata di specie che delega gran parte della sua vita alle comodità dell’automazione. In tutto questo, la famiglia, oltre ad essere la protagonista del viaggio e della successiva avventura, è l’ultimo bastione di un’umanità possibile. Un’umanità totalmente imperfetta, con rapporti in via di ridefinizione perché preda di un divenire che si divarica ulteriormente con l’avanzare dell’età e delle quotidiane incomprensioni. Rianda e Rowe hanno il merito di aver concepito i membri della famiglia Mitchell come un ricco caleidoscopio di eventualità, dotandoli di una serie di incongruenze universali in cui chiunque si può riconoscere e attraverso le quali porsi, in pratica, come l’esatto opposto della perfezione informatica che rischia di cancellare tutti i terrestri. Ricordano molto da vicino i Griswold di Come ti rovino le vacanze, ma i Mitchell attingono anche alla tradizione, perché spesso la cultura americana del viaggio, Road Movie compreso, e malgrado il senso di sradicamento a cui allude, si struttura attorno a un nucleo familiare effettivo (i Joad di Furore, i Poplin di Sugarland Express o i Pope di Vivere in fuga), improvvisato (gli outlaw on the run che intersecano le traiettorie del noir) o ricreato (Non torno a casa stasera, Verso il sole). Così come d’altronde fa anche il filone apocalittico, da La guerra dei mondi a Light of my Life, quando la posta in gioco è il destino possibile di una nuova umanità. Con i loro brillanti toni umoristici, I Mitchell incarnano la riscossa dell’imperfezione, la sofferta vittoria di coloro che nutrono dubbi e incertezze sulla vuota impeccabilità del sistema binario, la rivincita del forse tra le pieghe nette del e del no. E in quel labile margine incarnato dal forse risiede tutta la fallibilità della natura umana, capace tuttavia di imparare dai suoi errori per migliorare, senza che un cortocircuito, di fronte a un “errore del sistema”, bruci i fusibili rendendosi inutilizzabile per sempre.

I Mitchell contro le macchine, nel suo apparentemente confusionario calderone, è soprattutto un inno al recupero dell’innocenza, non solo in relazione all’universo ipertecnologico e reificante già visto nella seconda parte di Wall•E ― superato però a sinistra a sonori colpi di gran cassa ― ma anche rispetto al tempo e ai rapporti sentimentali. Se il gioco dei legami familiari è un aspetto tutt’altro che nuovo (il padre diviso dalla sua primogenita dall’incapacità di comprendere sogni immateriali che entrano in collisione con la sua disincantata concretezza, cui fanno da corredo una madre sempre pronta a tappare le falle, un fratello nerd in miniatura e un cane strabico e irresistibile che si chiama come un ex direttore sportivo della Roma), è sicuramente una novità (e lo è sicuramente per una film d’animazione targato Sony), l’accenno alle tendenze LGBT della protagonista Katie. Ma paradossalmente, con il suo ritmo indiavolato e il suo design che utilizza la YouTube culture come uno dei suoi tratti distintivi, il film insiste anche sul recupero del tempo, inteso come bisogno di vivere l’esperienza nella sua compiutezza e non nella sua ottimizzazione, necessità che i Mitchell oppongono a una società ormai regolata dalle Alexa, dagli schermi catalizzanti degli smartphone e dalla perfezione social con cui idealizzarsi.

Questa evidente contraddizione è in realtà la logica degli estremi su cui si basa l’intero progetto. Così come l’animazione spazia dalla CGI all’illustrazione bidimensionale da fumetto (con cui si rendono emoticamente le sensazioni di Katie), la narrazione avanza passando da una citazione all’altra come se saltasse sui massi affioranti di un torrente per non bagnarsi. Dai film d’autore, scimmiottati dalla produzione cineamatoriale di Katie, ai video virali di YouTube, il film progredisce concretamente sulla stratificazione di altre immagini, di molteplici narrazioni che fanno parte di una convergenza culturale verso un territorio comune, un aggregato di Midculture che dialoga con lo spettatore di ogni età, guardandolo direttamente negli occhi e ottenendone come risposta stimoli condivisi.

Siamo sempre nell’onda lunga del tardo postmoderno, e I Mitchell, pur lottando per una purezza rispetto a un preciso universo, sfruttano fino all’ultimo frame la stessa estetica delle immagini cui fanno il verso per proporre un adeguato punto d’incontro.


 

I Mitchell contro le macchine
USA, Canada, Francia, Hong Kong, 2021, 113'
Titolo originale:
The Mitchells vs the Machines
Regia:
Michael Rianda, Jeff Rowe
Sceneggiatura:
Michael Rianda, Jeff Rowe
Montaggio:
Greg Levitan
Musica:
Mark Mothersbaugh
Cast:
Abbi Jacobson, Danny McBride, Maya Rudolph, Michael Rianda, Eric André, Olivia Colman, Fred Armisen, Beck Bennett, Chrissy Teigen, John Legend, John Legend
Produzione:
Columbia Pictures, Pal Labs Production, Sony Pictures Animation
Distribuzione:
Netflix, Pal Labs Production

Katie Mitchell è un'adolescente outsider che viene ammessa nella scuola dei suoi sogni, quella di cinema. Il primo giorno di lezioni, il padre della giovane, Rick, decide che l'intera famiglia accompagnerà la ragazza al suo primo giorno di scuola, attraversando in macchina il paese. Tutti i Mitchell si riuniscono e, oltre a Katie e al suo papà, salgono in auto l'ottimista mamma Linda, l'eccentrico fratellino Aaron e Monchi, un buffo carlino grassottello. Durante il viaggio verso il nuovo istituto, la famiglia scopre che in tutto il pianeta è in atto una rivolta tecnologica: dispositivi, smartphone, robot, elettrodomestici e quant'altro si stanno ribellando.
I Mitchell, insieme a due robot fatiscenti, cercheranno di salvare il mondo, provando allo stesso tempo a superare i loro problemi personali.

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