Sam Garbarski

Il fu Will Wilder

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Giunto ai quarant’anni, Will Wilder ha l’impressione che la sua vita giri a vuoto: il matrimonio si è alquanto raffreddato, la figlia quasi non gli rivolge la parola, il lavoro (recitare la parte di un coniglietto sfigato in uno show per bambini) non è il massimo e i colleghi sembrano persino essersi dimenticati del suo compleanno. Quando, per strane coincidenze, il notiziario annuncia la sua morte in un incidente, per lui si apre la possibilità di una nuova vita. Con l’aiuto di un amico si traveste da indiano e assiste al suo funerale…

La vicenda di Vijay il mio amico indiano mischia Il fu Mattia Pascal (la falsa notizia della morte come occasione per ricominciare un’esistenza diversa) con La vita è meravigliosa (la possibilità di vedere come la vita di chi ci sta intorno prosegua senza di noi e capire quindi chi davvero fossimo agli occhi dei nostri cari e quanto contassimo per loro), aggiungendovi richiami ai meccanismi della Hollywood comedy of remarriage e qualche sfumatura di Blake Edwards.

A parte certe superficiali associazioni d’idee – scorci newyorchesi che possono richiamare Colazione da Tiffany, travestimenti da indiani che possono far tornare in mente il Peter Sellers indiano di Hollywood party e il Mickey Rooney giapponese di Colazione – il punto in comune è soprattutto nella ilare rappresentazione della crisi di mezza età, con le preoccupazioni per le soglie cronologiche e l’avvicinarsi della morte.

Il tutto è poi condito con espliciti intenti “cineterapici”: la necessità di superare l’egocentrismo che ci porta a ignorare le esigenze degli altri e a concentrarci unicamente su noi stessi.

Il risultato è una commedia leggera leggera, che – come i brani jazz che lo accompagnano – si muove con passo rilassato, mischiando verosimiglianza e improbabilità. Su uno spunto del genere, il citato Blake Edwards (che avrebbe spinto più forte sul pedale del sesso) ci avrebbe forse fatto ridere di più (qui alcune gag sono un po’ stiracchiate), ma anche in questo caso si tratta di un film più che gradevole, che – pur senza graffiare veramente – ironizza sulla routine dei legami famigliari, sugli insuccessi coi quali ognuno deve convivere e sul dover recitare diverse parti per essere accettati e occupare i ruoli assegnatici.

Il film privilegia le soluzioni liete, ma si chiude in modo beffardo (il protagonista – cioè ognuno di noi – è sempre prigioniero…).

Vijay, il mio amico indiano
Belgio, 2013,
Titolo originale:
Vijay and I
Regia:
Sam Garbarski
Sceneggiatura:
Philippe Blasband, Sam Garbarski, Matthew Robbins
Fotografia:
Alain Duplantier
Cast:
Moritz Bleibtreu, Patricia Arquette, Danny Pudi, Catherine Missal, Michael Imperioli, George Akram, Jeannie Berlin
Produzione:
Sébastien Delloye, Brigitte Kerger-Santos
Distribuzione:
Entre Chien et Loup, Samsa Film, Pandora Filmproduktion

Will Wilder è un po’ depresso perché sembra proprio che la sua famiglia e gli amici si siano dimenticati del suo 40° compleanno. Ora, poi, lo credono tutti morto dato che la sua macchina – appena rubata – è stata ritrovata dopo un terribile incidente. La vita non potrebbe andare peggio per Will, che sarebbe un bravo attore newyorchese ma è costretto nel frustrante ruolo del verde Coniglietto della Sfortuna in uno show televisivo per bambini. Will decide così di realizzare un suo vecchio desiderio e va al proprio funerale, per scoprire cosa pensano veramente i suoi cari di lui. Con la complicità del suo migliore amico Rad, un ristoratore indiano, si traveste e diventa Vijay Singh, un distinto e galante Sikh, completo di barba e turbante. Incredibilmente la moglie di Will, Julia, comincia a provare un certo interesse per l’affascinante straniero Vijay e Will, protetto dal suo stesso travestimento, in pochissimo tempo si trova a corteggiare la propria vedova! Nei panni di Vijay, Will inizierà a conoscere delle verità imbarazzanti su di sé e si troverà a confrontarsi con un solo problema: Vijay gli piace molto di più di quanto si sia mai piaciuto quando era Will. E così sta succedendo a tutti gli altri!

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