Apichatpong Weerasethakul

Memoria

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La cosa che continua a sorprendere del cinema di Apichatpong Weerasethakul è la sua pervicace ostinazione a pretendere l'intervento fattivo dello sguardo dello spettatore. Esigentissimo e radicale fino ai confini del capriccio, l'autore thailandese chiede ancora oggi di guardare così a lungo e così a fondo che lo sguardo, inevitabilmente, ma anche splendidamente, si perde, cioè perde le misure, si disperde nelle geometrie. Che strano, più del punto di vista del regista, sembra che a fare il film sia chiamato il punto di vista dello spettatore. È lui che fa la scena, che filma, che gira. Non guarda soltanto, perché guardare e basta è poco vantaggioso. Deve agire, cercare, mettere a fuoco, registrare. Deve almeno provare a mandare a memoria.

Record. Storage. Memoria non è soltanto la memoria delle proprie priorità. E neppure – banalmente – la memoria della Storia. Oggi un cinema come questo, così chiuso e aperto contemporaneamente, così imploso e svincolato, è quasi un grido di libertà. L'effetto è quello assordante di un big bang. La ricerca dell'inglese Jessica (Tilda Swinton) è la nostra: lei vuole dare un nome e un senso al suono violento che una notte l'ha svegliata, in Colombia, e che continua a sorprenderla nei momenti più imprevedibili, noi siamo costretti – sì, il film ce lo impone – a cercare nella scena una proporzione, un elemento, anche – certo - un senso. Indaghiamo, gettiamo lo sguardo, lo sospendiamo, ci soffermiamo su un dettaglio, proviamo a metterlo a fuoco, ci spostiamo, passiamo ad altro.

Abbiamo tutto il tempo del mondo, perché il tempo, come di consueto per Weerasethakul, non ha tempo: lunghissimi piani sequenza a camera fissa, campi lunghi o lunghissimi, assenza di primi piani (fateci caso: in Memoria non ce n'è uno, e il solo mezzo primo piano è concesso a un uomo che dorme e pare morto, e non è chiaramente un caso). Nelle scene sembra non accadere nulla, talvolta un botto, cerchiamo di individuarne la fonte ma non riusciamo, seguiamo un uomo che cade per strada, si rialza e corre, non sappiamo se è stato uno sparo, non sappiamo chi sia l'uomo, perché corre?, da chi fugge? Per questo motivo dobbiamo intervenire. E siamo gravati dall'impegno di dare un nome, una forma, e pure un movimento.

Oggi un film come Memoria pare fantascienza. Il nostro sguardo, debole, non è abituato. Non è cambiato niente da Blissfully Yours e Tropical Malady: la fragilità e l'inadeguatezza ci prescrivono sforzi eccessivi, e la nostra attenzione rischia di collassare. Grazie al cielo! Esiste ancora un cinema in grado di sfidarci non con le tematiche forti e neppure con la politica, ma con una semplice ingiunzione di crearci da soli le generalità di ciò che stiamo osservando. Con un compito a casa che è anche una provocazione e una gara con noi stessi: ricordare perfettamente ciò che si è visto. Può darsi che la memoria, dopo, non sia così infallibile.

Memoria
Col/Fra/Ger/Mex/Qat/Gb/Cin/Svi, 2021, 136'
Titolo originale:
Memoria
Regia:
Apichatpong Weerasethakul
Sceneggiatura:
Apichatpong Weerasethakul
Fotografia:
Sayombhu Mukdeeprom
Montaggio:
Lee Chatametikool
Musica:
César López
Cast:
Tilda Swinton, Elkin Díaz, Jeanne Balibar, Juan Pablo Urrego, Daniel Gimenez Cacho, Agnes Brekke, Jerónimo Barón, Constanza Gutierrez, Daniel Toro
Produzione:
Anna Sanders Films, Burning Blue, Illuminations Films, Kick the Machine, Centre National du Cinéma et de l'Image Animée, Eficine, L'Aide aux Cinémas du Monde, Ministère des Affaires étrangères et du Développement International, Piano, Proimágenes Colombia, The Match Factory
Distribuzione:
Academy Two

La storia di una donna che si scopre punto di congiunzione tra presente, passato e futuro. Jessica, una straordinaria Tilda Swinton, è una botanica in viaggio a Bogotà per far visita alla sorella. Durante il suo soggiorno viene svegliata nella notte da un boato assordante. Un rumore che si ripresenterà anche durante il giorno e di cui Jessica prova a trovare l’origine. Nella sua ricerca incontrerà l’archeologa Agnés che si trova a Bogotà per studiare alcuni resti umani, vecchi di 6000 anni, rinvenuti durante lo scavo per un tunnel sotto le Ande e si imbatterà in Hernàn, un pescatore che vive nel cuore della foresta amazzonica che le svelerà l’origine degli strani rumori che la tormentano.

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