Selma di Ava DuVernay

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Selma di Ava DuVernay, fedele ricostruzione della battaglia civile intrapresa da Martin Luther King e dal movimento per i diritti civili dei niri nell'Alabama del 1963, sarà trasmesso questa sera, giovedì 15 giugno, su Raitre alle 21.15. Per l'occasione, riproponiamo la recensione che Andrea Frambrosi scrisse per il n. 542 di Cineforum.


Oggi, il tragitto tra la cittadina di Selma, in Alabama, e la capitale dello stato, Montgomery, è considerato un percorso di carattere storico, con tanto di cartello stradale che lo indica. Ma allora, alla metà degli anni Sessanta, Selma era solo una delle tante cittadine del Sud degli Stati Uniti dove, a dispetto della legge sull’uguaglianza tra bianchi e neri ampiamente in vigore, i cittadini di colore, anzi i “negri” come ancora venivano chiamati, erano costantemente e, a volte brutalmente, discriminati.

Soprattutto in uno dei diritti fondamentali: quello di voto. Proprio a seguito dell’ennesimo tentativo fallito di iscriversi nelle liste elettorali, un gruppo di cittadini di Selma chiede aiuto al reverendo Martin Luther King jr che, con altri militanti del suo movimento ispirato ai valori della non violenza, si basò proprio a Selma per coordinare una serie di iniziative di protesta. Tra queste, quella più eclatante sarebbe stata appunto l’organizzazione di una marcia fin sotto il municipio della Capitale dello Stato, per protestare contro il perdurare di questo stato di cose.

Due erano i punti di forza su cui puntava King: da un lato l’orrore suscitato da un attentato del Ku Klux Klan nel quale persero la vita quattro ragazzine e, dall’altro, la vittoria, nel 1964, del Premio Nobel. Forte soprattutto di questo prestigiosissimo riconoscimento internazionale, King si presenta all’allora presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson, per perorare la propria causa. Oberato da tutta una serie di altri problemi, soprattutto dalla recrudescenza dell’escalation della guerra del Vietnam, Johnson cerca di prendere tempo assicurando che deve solo trovare il tempismo giusto per presentare la legge al Congresso. King e i suoi, ovviamente, non si fida- no ed ecco così nascere l’idea della marcia i cui tragici esiti prima, e il successo poi, scuoterà a fondo le coscienze degli americani.

Partendo da questi dati storici su cui è incontrovertibilmente basata la vicenda raccontata dal film, che acquista, quindi, quel valore aggiunto (anche se non viene sempre utilizzato al meglio) della “verità storica”, affastellando a questa le vicende personali (e anche sentimentali) del suo maggiore protagonista, sfiorando altri temi (il rapporto con il movimento più radicale di Malcolm X), la regista afroamericana Ava DuVernay alla fine ha realizzato un più che onesto film di quello che una volta si poteva definire “cinema civile”.

Non un film “su” Martin Luther King jr, quindi, ma, giustamente, su uno degli episodi cardine della sua azione politica e che evidenzia, pur fra tutte le contraddizioni, ripensamenti, rinunce e anche qualche errore, quanto la sua visione fosse giusta. Un “santino obamiano”? Mah, certo si poteva osare di più ma, per una volta tanto, faremo nostro un detto al quale non siamo peraltro particolarmente affezionati: «Il meglio è nemico del bene».