Mario Martone autore "seriale"

focus top image

La 58ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (18-25 giugno) dopo tante stagioni a recuperare le fondamenta del nostro cinema italiano (specialmente dei '60-'70), quest'anno ha deciso di rapportarsi decisamente al presente, proponendo come Evento speciale la filmografia completa di uno dei nomi più importanti e vivaci del panorama italiano contemporaneo, Mario Martone.

Dalla sua opera d'esordio (su schermo), Morte di un matematico napoletano (1992, in versione restaurata) a relative rarità come l'episodio La salita dal collettivo I vesuviani (1997), al suo ultimo, in concorso al Festival di Cannes, Nostalgia, il Festival presenta tutti i suoi undici lungometraggi, più uno stra-ordinario (per dimensioni, qui anche rinforzato, proiettato una volta sola al Museo Madre di Napoli nel 2018) “film flusso di oltre 10 ore” che raccoglie materiali dall'archivio Mario Martone.

Completa l'iniziativa il volume Mario Martone. Il cinema e i film, edito come sempre da Marsilio, a cura di Pedro Armocida e Giona A. Nazzaro.

Pochissimi uomini di spettacolo hanno raggiunto la versatilità di autore e metteur en scene che possiede il regista napoletano (classe 1959). Proveniente dal teatro più di ricerca degli anni '70, fondatore tra l'altro del fondamentale gruppo Falso Movimento, Martone ha sviluppato, con ragguardevole coerenza, un tipo di cinema  che coniuga con rigore la sensibilità pionieristica dell'avanguardia con la poetica più ancorata alle radici della società, della Storia, della tradizione dello spettacolo.

Dai '70 a oggi lo troviamo così autore per lo schermo (grande, piccolo o formato video, di fiction e documentari), ma attivo e creativo anche per il Teatro, l'Opera Lirica, la video istallazione artistica. Il tutto senza differenzazioni di poetica specifiche tra i media. Come ha dichiarato del resto in un'intervista in Romanzo popolare, raccolta di saggi a corredo di una riflessione nata nel 2016 proprio al festival di Pesaro e pubblicata da Marsilio: «Se penso ai film che ho fatto, c'è sempre una concatenazione. Per me è molto naturale l'idea della serialità. Della concretezza, dell'approfondimento tra un pezzo e l'altro. Posso vedere anche una mia serialità fra il cinema e il teatro. Io posso vedere poi il tutto compattato all'interno di un'unica struttura narrativa che è quella della serie, non mi sorprende, anzi mi affascina molto».

Siamo autorizzati allora a vedere la sua opera come un'unico corpus, sempre attenta a un pubblico dagli «sguardi contaminati dalla rappresentazione della realtà che avviene attraverso i media. Soprattutto ora con Internet, la virtualità che viene fuori dal mondo digitale (....) è molto più difficile guardare e narrare dritto per dritto, per così dire”. Una visione che tiene conto che “siamo dopo il post moderno (…), tutto è stato fatto, si rielabora e si lavora su dei materiali. Qualunque esperimento, anche il più sfrenato, dal punto di vista dell'avanguardia più radicale, sappiamo che è alle nostre spalle».

Per questo il suo cinema è così vibratamente contemporaneo anche quando riflette sulle radici più profonde della propria identità partenopea (intesa come riflessione antropologica e cuturale del territorio) o nell'indignazione “politico sociale” della sua narrazione o nel suo confrontarsi con il passato della Storia a ritrovarne la continuità nel presente.

Martone si è confrontato con le (ricche) contraddizioni della sua Napoli (oltre ai film già citati, anche L'amore molesto, altro David nel 1995, alla rivisitazione rilettura, al contempo rispettosa e innovativa, di un capolavoro di Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità, 2019), con le tensioni non solo artistiche e i conflitti del lavoro teatrale (Rasoi, 1993, lo splendido Teatro di guerra, 1998, altro David di Donatello, il biografico e bruciante Qui rido io, 2021). Senza dimenticare poi la trilogia di riflessione sul nostro Risorgimento (con le sue propaggini), facendo risaltare la affinità elettiva che ha accomunato quelle avanguardie rivoluzionarie con il nostro '68, contraddizioni eroiche, “fallimentari” e tragiche, comprese: Noi credevamo, 2010, David al film e alla sceneggiatura, Il giovane favoloso, 2014, Capri-Revolution, 2018.

Per questo Pesaro fornisce in questo caso una occasione appropriata, quasi unica, per rivedere in serie, assaporando consonanze e sviluppi, una filmografia per certi aspetti unica e splendida del nostro panorama cinematografico.