Gianni Amelio

Un film in stallo

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Antonio appare a tutti gli effetti un personaggio senza storia (in questo senso leggo la critica di Luca Malavasi a proposito della sua incapacità di “incidere” e della sua costitutiva propensione a “scivolare” sulla realtà). Realtà inafferrabile, peraltro, di un progetto narrativo sui generis che – trascinato da un’ammirevole ma forse eccessiva urgenza morale – non sa tramutare le sue intenzioni in fatti e le sciorina perciò in dichiarazioni.

E’ dunque prima di tutto la realtà del film a mantenersi del tutto autonoma da quella del protagonista, che invece di divorarsela (come probabilmente era nel disegno di Amelio, per il quale L’intrepido non poteva esistere senza Antonio Albanese – e l’identificazione tra personaggio e interprete è didascalicamente evidenziata dalla condivisione del nome di battesimo) ne viene divorato. Realtà che corrisponde, secondo me, alla funzione ideale assegnatagli da quel cineasta generoso che Amelio è.

Il vuoto che in questo modo si produce nella struttura generale del testo finisce per vanificare anche le possibilità narrative (e le attese dello spettatore) appena suggerite da alcune relazioni abbozzate tra il nostro “eroe” e le principali figure con cui entra in relazione: il figlio, la ragazza, la moglie. Mentre la ragazza e la moglie scompaiono in un nulla arbitrario quanto quello da cui sono state evocate, il figlio (che oggettivamente duetta a distanza con la prima delle due) sembra però conquistarsi strada facendo un ruolo: quello di destinatario e oggetto di desiderio del nostro eroe-fantasma.

Si tratteggia dunque, sullo sfondo del presente indefinito costituito da questo “tempo della crisi”, assunto quasi mitologicamente come contesto in grado di esaltare ciò che in ultima analisi è l’essenza stessa della contemporaneità, una vicenda di passaggi generazionali (fallito quello con la ragazza, concluso con successo quello con il figlio). Lo sguardo in macchina che chiude il film, subito dopo il salvataggio di quest’ultimo, cercando la nostra complicità e la nostra approvazione, sembrerebbe confermare questa lettura.

L’intrepido, dunque, una storia la vorrebbe raccontare, ma quella realtà del film cui accennavo prima finisce per essere talmente ingombrante da impedirglielo. Da impedirgli di prendere il volo come dovrebbe e come, in fondo, vorrebbe. Tenendolo in stallo oltre il lecito.

La scena dei palloncini ricordata per altri versi da Anton Giulio Mancino mi pare che mostri in maniera clamorosa questa condizione generale: a fronte di un fuoricampo (le voci della manifestazione sindacale) e di un dato visivo (i grappoli di palloncini galleggianti alle sue spalle, dunque gonfiati a elio) che rimandano a una cornice di stampo realistico, Antonio svolge il suo “lavoro” con una modalità talmente insensata da rispondere evidentemente a motivazioni in primo luogo allegoriche.

Ecco, il problema de L’intrepido, a mio avviso, è proprio quello di non aver dosato in giusta misura queste due componenti da cui era parimenti attratto. O forse di non averlo fatto, osando a vantaggio della seconda una più riconoscibile temerarietà, costringendo in quel modo tutti – spettatori e critici – a vederlo e parlarne come un oggetto cinematografico davvero extra-ordinario.  

L'intrepido
Italia, 2013, 104'
Titolo originale:
id.
Regia:
Gianni Amelio
Sceneggiatura:
Gianni Amelio, Davide Lantieri
Fotografia:
Luca Bigazzi
Montaggio:
Simona Paggi
Musica:
Franco Piersanti
Cast:
Antonio Albanese, Livia Rossi, Gabriele Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli
Produzione:
Palomar, Rai CInema
Distribuzione:
01

Antonio di lavoro fa il  “rimpiazzo”, prende cioè, anche solo per qualche ora, il posto di chi si assenta, per ragioni più o meno serie, dalla propria occupazione ufficiale. Si accontenta di poco ma tutto sommato è felice della vita che conduce, anche se bisogna tenersi in forma, non lasciarsi andare mai... Antonio ha un figlio di vent’anni, che suona il sax come un dio e di lavoro fa l’artista. E poi c'è Lucia, inquieta e guardinga, che nasconde un segreto dietro la sua voglia di farsi avanti nella vita.

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