A cura di Emanuela Martini

Bad Girls - Parte 9

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1994 — Juliet Hulme e Pauline Parker

Il 22 giugno del 1954, a Churchtown, in Nuova Zelanda, due amiche, di quindici e sedici anni, uccisero la madre di Pauline con una pietra infilata in una calza. Una ventina di colpi. La signora Parker contrastava la loro amicizia, e le famiglie avevano deciso di separarle. Scontarono la pena e si rifecero una vita. Fantasie e malesseri adolescenziali si scontrano con le incomprensioni familiari in Creature del cielo di Peter Jackson, dove esordisce nel ruolo di Juliet Hulme (poi Anne Perry) Kate Winslet. Volto da English rose, ma con stampata sopra fin da allora una volitiva determinazione, e con uno sguardo caparbio che inquieta, che non arretra, Winslet ha attraversato molte donne forti, alcune (per Polanski, Allen) pericolose; fino ad approdare nel 2015 alla stilista Tilly Dunnage che in The Dressmaker di Jocelyne Moorhouse torna nel villaggio australiano che l’ha bandita da bambina per pianificare una raffinata vendetta: non uccide, fa sì che si uccidano tra loro. E lascia dietro di sé solo il fuoco.

 

1995 — Suzanne Stone Maretto

«In America non siete nessuno se non siete in tv», diceva venticinque anni fa la scintillante meteorologa della tv locale di Little Hope, New Hampshire. Ma parlare del tempo nel prime time non le basta, vuole entrare nei televisori e nelle case di tutta l’America. Sottolineata da abitini caramellati o panterati, Nicole Kidman è la «meravigliosa bambola di ghiaccio» che seduce col corpo, col denaro e con promesse televisive tre ragazzotti, affinché le uccidano il marito, troppo pantofolaio, troppo buono, di troppo casalinghe aspirazioni, in Da morire, commedia nerissima diretta da Gus Van Sant, su una sceneggiatura di Buck Henry (dal romanzo di Joyce Maynard). Vetriolo al femminile, e si sente.

 

2000 — Mika Muller

Impeccabile signora dell’alta borghesia, sempre in beige e perle, con pacata premura serve ogni sera una bella tazza di cioccolata rilassante al marito pianista e al figlio che lui ha avuto da un matrimonio precedente. Peccato che quella del giovane contenga, al momento giusto, una dose di sonnifero. Isabelle Huppert presta ancora una volta calma indecifrabile e sguardi imperturbabili all’ennesima assassina di Claude Chabrol, che in Grazie per la cioccolata adatta il romanzo The Chocolate Cobweb di Charlotte Armstrong. Già in Violette Nozière (1978) aveva avvelenato padre e madre (non senza buone ragioni); poi, nel 1995, in Il buio nella mente, aveva sterminato a fucilate una famiglia insieme all’amica cameriera Sandrine Bonnaire. È suo il volto di Medusa in cui si rispecchia e poi s’infrange l’aridità di cuore della borghesia francese. 

 

2003 — Elle Driver

La più pericolosa della Deadly Viper Assassination Squad di Kill Bill: California Mountain Snake, la bionda che è stata amante di Bill e allieva del maestro di arti marziali Pai-Mei, che ha avvelenato dopo che lui le ha strappato un occhio con la sua mossa segreta. Abile con qualsiasi arma, pugni, katana, fucile, ma con una netta propensione per il veleno, di serpente mamba o di iniezione letale. Segno distintivo: la benda sull’occhio destro, preferibilmente nera, ma anche bianca con croce rossa quando si traveste da infermiera. Lo splendore longilineo di Daryl Hannah per l’unica donna davvero cattiva di Quentin Tarantino, senza il passato traumatico di O-Ren Hishii né il presente materno di Vernita Green. Futuro? Parrebbe morta, ma chissà…