Concorso

Leonora addio di Paolo Taviani

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Un lungo addio a Vittorio Taviani: si potrebbe interpretare così Leonora addio, unico film italiano in concorso alla Berlinale 2022 e prima prova in solitaria dietro la macchina da presa per Paolo Taviani dopo la morte del fratello. Non è soltanto la toccante dedica al compagno di sempre a portarci verso questa possibile chiave di lettura, ma l’intero impianto di un’opera che sembra un continuo, eterno saluto a una persona cara che non c’è più.

E non è certo un caso il fatto che il titolo riprenda quello dell’omonimo racconto di Luigi Pirandello presente nelle Novelle per un anno, la raccolta da cui i fratelli Taviani nel 1984 avevano tratto Kaos, uno dei loro film più popolari e importanti, a cui seguì un secondo adattamento, Tu ridinel 1998Ritrovare (e ripensare) Pirandello per Paolo Taviani appare come un modo per risentire accanto a sé la presenza del fratello, con cui ha dato vita a un cinema importante, segnato anche da qualche caduta, ma sempre riconoscibile e rilevante.

Ed è anche la narrazione stessa di questa pellicola a simboleggiare un vero e proprio addio attraverso il racconto dei vari funerali fatti a Pirandello, le cui ceneri dovettero attraversare l'Italia in un viaggio da Roma ad Agrigento a dir poco surreale. Dopo la sua morte nel 1936, le ceneri di Pirandello, che aveva lasciato istruzioni precise e dettagliate per il suo funerale e la sua sepoltura, vennero infatti portate al cimitero del Verano, dove rimasero per 11 anni, e nel 1947 un viaggio molto travagliato le riportò nella sua terra natia, dove furono definitivamente sistemate solo nel 1962. Così, Leonora addio, diventa anche un film su un’Italia grottesca, immobile, carica di superstizioni, sintomi di un’arretratezza che spesso i Taviani hanno messo alla berlina nel corso della loro filmografia.

Girato con eleganza formale, Leonora addio può risultare un po’ slegato nella sua struttura narrativa e alcuni passaggi del copione sono meno riusciti di altri, ma nel complesso – oltre alla grande cura estetica – Taviani riesce a dare vita a un’opera coinvolgente e libera da ogni schema. Ne è un esempio emblematico il fatto che, a chiudere la storia delle peregrinazioni delle ceneri dello scrittore, il focus si sposti completamente (e cambi anche la fotografia del film) verso l’ultimo racconto di Pirandello, scritto proprio qualche settimana prima della sua morte: Il chiodo, una novella che narra di un giovane costretto dal padre a lasciare la sua Sicilia e la madre per raggiungere l'America. La nostalgia per le sue origini, la lontananza dalla figura materna e la sua nuova vita oltreoceano lo porteranno, però, a compiere un gesto estremo e violento.

E da qui si aprirà un altro addio, un nuovo possibile e infinito funerale, all’interno di una lunga sequenza tanto triste e brutale quanto delicata e capace di toccare corde profondissime. Un ultimo saluto a Vittorio, omaggiato e ricordato non (sol)tanto come regista, ma come un fratello con cui ha condiviso l’intera esistenza.