Concorso

Les filles d’Olfa di Kaouther Ben Hania

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L’idea di fondo dell’opera ibrida di Kaouther Ben Hania è quella di usare il dispositivo come una sorta di strumento di liberazione per le protagoniste di questa potentissima storia vera che fin dal 2016 la regista insegue cercando il modo giusto per raccontarla. Un modo che alla fine trova nella commistione di linguaggi e di forme: un po’ making off, un po’ re-enactment – venato qua e là di accenti da reality show o da autorappresentazione da social per una certa attitudine delle protagoniste – e poi, progressivamente, sempre più documentario tra immagini di repertorio, telegiornali e ricostruzioni.

Proprio l’esplicitazione dell’artificio sembra essere la soluzione adottata dalla regista per provare a innescare fin da subito questa liberazione. È cosi che si entra nella vicenda di Olfa e della sparizione delle sue due figlie maggiori “rapite dal lupo”, mentre le altre due più piccole, si confrontano, insieme alla madre, con le attrici che dovranno interpretare sulla scena la stessa Olfa e le sorelle scomparse. La prima parte del film diventa allora un groviglio di narrazioni e rievocazioni in un lavoro sulla finzione che si riflette nel racconto e viceversa, mentre la tragedia affiora tra risate, sedute di trucco e ricostruzioni in un continuo sali scendi emotivo e in un disorientante sfasamento tra esperienza e racconto.

La liberazione è certo quella di queste donne dallo stigma della loro stessa esistenza, dilaniata prima ancora che dal trauma privato, dal solo peso di essere donne in una società spietatamente patriarcale ma è anche la liberazione della stessa Olfa dal personaggio che è diventata con lo scalpore suscitato dal caso e la sua trasformazione in verfigura mediatica. E anche quella delle sue stesse figlie, cresciute nel dramma ma pronte a ritrovare la loro giocosa attitudine nella frontalità dello sguardo della regista che caratterizza tutta la prima parte del film. Tutto il lavoro di preparazione della messa in scena di questo racconto fittizio della vicenda che non prenderà mai corpo, consiste infatti nel mescolare finzione e testimonianza, figura e personaggio, persona e interprete con lo scopo di diroccare le sovrastrutture e andare alle radici, all’essenziale, ai fatti, all’umanità di questa incredibile storia e farne una riflessione politica e sociale. 

Ben Hania cerca cosi di alleviare il dolore delle ragazze che sembrano rifugiarsi proprio nella finzione per recuperare la leggerezza negata loro dagli eventi, ma anche di smantellare la scorza che ricopre Olfa, il carattere volitivo, l’aggressività verbale, l’ingombro del suo corpo attraverso la presenza del suo doppio finzionale, la celebra attrice tunisino-egiziana Hend Sabri. Un procedimento che tocca il suo culmine quando le due figure finiscono per sovrapporsi e affiancarsi, presenti entrambe all’interno del quadro, alternativamente in primo piano o sul fondo dell’inquadratura. Un momento di svolta che segna il lento cedere il posto della finzione ai fatti e a tutto il dolore che, solo, resta nel reale.