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La grande lezione che ancora (almeno: spesso) ci viene dal cinema dei paesi ex d'oltrecortina è quella di fare comunque un cinema che, partendo da una storia particolare, piccola, privata, riesca a trarre un quadro generale sociale e morale di portata universale. Un retaggio evidentemente (e fortunatamente, aggiungiamo noi) della un tempo tradizionale dottrina estetica del realismo.

Il bulgaro-tedesco Blaga's Lesson (Miglior Film al Golden Rose Film Festival in patria) ne è una conferma. La protagonista è una 70enne, insegnante di letteratura ora in pensione - ma che ancora si concede delle lezioni private - che ha giusto i soldi per garantire a sé e al marito, morto una settimana prima, una decorosa tomba (“40 giorni l'anima sta sulla terra. Il funerale va fatto prima”).

Senonchè cade vittima di una classica truffa telefonica: spacciandosi per un sedicente ispettore Kolev, una voce le dice di gettare tutti i suoi soldi dalla finestra, una trappola per incastrare e colpire dei ladri che operano proprio lì vicino a lei. L'ingenua, in preda al panico, si fida, salvo poi scoprire dalla polizia il raggiro, con una serie di angosciose conseguenze. Perde i soldi, perde il diritto di acquistare la tomba (“E' una economia di mercato. Chi per primo paga prende la fossa” le ripete come un mantra l'ambiguo impiegato), finisce additata sui tabloid scandalistici come la classica stupida raggirata.

Con l'aiuto (involontario) di una profuga dell'Artsakh, repubblica separata dall'Azerbaijan e ora zona di una selvaggia e costante guerra, che sogna di trasferirsi definitivamente in Bulgaria con la famiglia (e ho detto tutto!) proverà a rifarsi il gruzzolo necessario, in una vicenda sempre più da Criminal Story.

Con “storia criminale” non intendiamo certo riferirci ai canoni del thriller occidentale. Stephan Komandarev, 57enne cineasta di consolidata fama almeno nazionale (per ben tre volte i suoi lavori sono stati candidati agli Oscar), chiude così una sua trilogia sociale dopo Directions, 2017 (visto a Cannes sezione Un certain Regard), e Rounds, 2019. Lo fa con luci naturali e uno stile che non prevede montaggi alternati vertiginosi, coreografie violente, adrenalina a tutta pompa. Segue la sua protagonista, Eli Skorcheva (notevole la sua grinta disperata e senza un sorriso), spesso pedinandola di spalle con la camera a mano e concedendosi a volte alcune inquadrature generali sull'ambiente grigio e poco invitante che la circonda.

Le riprese sono state effettuate in tempi diversi (causa pandemia covid) nella città di Shumen, non distantissima dal confine con la Romania (e c'è un suo perché narrativo), la cui attrattiva turistica più importante è il gigantesco monumento in stile cubista ai fondatori della nazione bulgara, opera di Georgi Gechev e Blagol Atanasov, che qui, oltre a essere teatro di una significativa scena, assume anche la volontaria, sarcastica sottolineatura della malattia sociale e morale che sembra aver contagiato un'intera nazione.

D'altra parte, appunto: “È una economia di mercato....”