Il gioco degli sguardi in Gli Uccelli di Alfred Hitchcock

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Dal 7 gennaio in sala grazie al progetto della Cineteca di Bologna che distribuisce nei cinema grandi capolavori della storia del cinema in versioen restaurata, Gli Uccelli di Alfred Hitchcock o come lo definiva lo stesso maestro del brivido "il film più terrificante che abbia mai fatto". Siamo naturalmente andati nell'archivio di Cineforum dal quale è uscito un interessante pezzo a firma di Angelo Conforti con una lettura di sequenze che ritorna sulla modalità tutta hitchcockiana di mettere in scena la dialettica degli sguardi. Il pezzo integrale è pubblicato su Cineforum numero 271 acquistabile cliccando qui.

   

« ... Un giovanotto presenta a sua madre una ragazza che ha conosciuto. Naturalmente la ragazza desidera vivamente di piacere all'anziana signora che è forse la sua futura suocera. Molto sereno, Il giovanotto fa le presentazioni mentre, rossa e confusa, la ragazza si fa avanti timidamente. L 'anziana signora, di cui abbiamo visto il viso mutare espressione mentre suo figlio terminava (fuori campo) le presentazioni, fissa ora la ragazza di fronte, gli occhi negli occhi( ...); un leggero arretramento della ragazza indica il suo primo segno di smarrimento: Hitchcock, ancora una volta, ci ha presentato in un solo sguardo una di quelle terrificanti madri ossessive di cui ha l'esclusiva». Truffaut, Le cinéma selon Hitchcock, Paris, Laffont 1966; trad. lt. Il cinema secondo Hitchcock, Parma · Lucca, Pratiche, 1977, pag. 19.

Il gioco degli sguardi

Truffaut, nel brano in esergo, sottolinea efficacemente l'importanza che nella filmografia hitchcockiana assume la distribuzione degli sguardi a livello dell'organizzazione dei materiali narrativi grazie ad una resa visiva diretta (senza ricorso a dialoghi esplicativi) di «sentimenti come il sospetto, la gelosia, il desiderio, l'invidia» (Truffaut, op. cit., pag. 22). L'autore francese, che è stato uno del più attenti studiosi degli intrecci hitchcockiani, ci fornisce cosi una notevole esemplificazione del modo in cui lo sguardo intradiegetico è impiegato da Hitchcock per filmare «i rapporti più sottili tra gli individui».

Troviamo una sequenza strutturata in modo analogo nella prima parte di The Birds (Gli uccelli, USA, 1963). Melanie Danlels (Tippi Hedren), ragazza della ricca borghesia di San Francisco è stata avvicinata da uno sconosciuto (Rod Taylor) in un negozio di uccelli domestici; costui, entrato per acquistare una coppia di pappagallini inseparabili come regalo di compleanno per la sorella, si prende gioco di lei, mostrando di conoscerla; poi se ne va, essendo il negozio sfornito dei pappagallini richiesti. Melanie scopre che lo sconosciuto è un avvocato, si chiama Mitchell Brenner e passa i fine settimana dalla madre, a Bodega Bay sulla costa nord. La ragazza si procura due inseparabili e raggiunge la cittadina. Affitta una barca per raggiungere senza essere vista la casa dei Brenner dalla parte opposta della piccola baia. Viene ugualmente scoperta da Mitch nel corso della traversata di ritorno. Mentre sta per arrivare all'imbarcadero Melanie viene aggredita e ferita alla testa da un gabbiano. Mitch, che nel frattempo ha raggiunto in auto il porticciolo, la conduce all'interno di un bar per medicarla. Il segmento inizia con i due che parlano seduti ad un tavolino.

[...]

La tensione che la sequenza comunica risiede solo in parte nei dialoghi; al di là di essi, si gioca infatti una partita ben più importante in cui riveste un ruolo centrale la gelosia iperprotettiva della madre nei confronti di Mitch; e la partita si gioca tutta nella perfetta orchestrazione degli sguardi che scandisce la sequenza, costruita su inquadrature fisse che si alternano rapidamente, ritmate dai movimenti degli occhi della signora e dal loro sistematico tornare a posarsi, freddi e indagatori, su Melanie.

Fenomenologia dello sguardo

Riteniamo si possa dividere la sequenza in tre fasi principali. La prima, che si chiude con l'inqd. 4, vede l'entrata in scena della signora Brenner ed il suo primo sguardo, tra il curioso e lo stupito, verso la sconosciuta accompagnatrice del proprio figlio. La seconda fase mostra il crescere dello stupore, della curiosità indagatrice e della freddezza nello sguardo della signora (inqdd. 5-13). L'inqd. 5, in particolare, completamente incentrata sulle reazioni della signora e ritmata sui movimenti del suo sguardo, costituisce, anche grazie alla sua relativa lunghezza, il centro drammatico della sequenza. La tensione psicologica che vi si accumula, si scarica nel rapido succedersi delle brevi inquadrature successive. Nell'ultima fase (inqdd. 14-25), Mitch e Melanie riprendono il controllo della situazione, mentre la madre quasi si estrania in una fredda ma intensa fissità. In una sequenza di questo tipo, lo sguardo non è un qualsiasi comportamento dei personaggi, ma precisamente quel caratteristico comportamento che costituisce il personaggio in soggetto.

Il conflitto tra i personaggi, che l'unità narrativa considerata mette in scena, è tutto contenuto e rappresentato, metonimicamente e metaforicamente, nel conflitto degli sguardi. Perciò lo sguardo è individuato come quell'attività che contraddistingue il soggetto in quanto centro di riferimento a sé della realtà, in quanto centro di aggettivazione. Ci sembra sia colta qui la struttura dello sguardo come è stata studiata e descritta dalla moderna fenomenologia della percezione. Uno sguardo rivolto verso di noi rinvia all'altro in quanto soggetto. «Percepire è guardare, e cogliere uno sguardo non è percepire un oggettosguardo nel mondo (...), è accorgersi di essere guardati. Lo sguardo che gli occhi, di qualunque natura essi siano (1), rivelano, mi rimanda puramente a me stesso. Ciò che provo quando sento scricchiolare i rami dietro di me, non è che vi sia qualcuno, ma che io sono vulnerabile, che ho un corpo che può essere ferito, che occupo uno spazio e che non posso, in nessun caso, evadere dallo spazio in cui sono senza difesa, in breve che sono visto (2). Il sorgere dello sguardo fa apparire l'altro come soggetto e mi trasforma in oggetto per lui, «viene a cercarmi in seno alla mia situazione" e mi coglie come un oggetto tra gli altri oggetti del mondo. Questa radicale alienazione che è l'essere visto da altri implica l'alienazione del mondo che si organizza a partire da me e delle possibilità che lo ho liberamente progettato. In conseguenza di ciò, le mie possibilità, i miei liberi progetti , si trasformano in oggettive probabilità di cui si posso· no calcolare statisticamente gli esiti. «Con lo sguardo d'altri , la 'situazione' mi sfugge, o, per usare un'espressione banale, ma che rende bene il concetto: io non sono più padrone della situazione"(3). La vergogna è il sentimento originale del sentirsi oggetto per gli altri. Ma essa consente anche, per reazione, il rafforzamento della coscienza di sé, la riconquista dell'identità soggettiva. Da questa reazione ha origine l 'orgoglio e su di essa si fonda l'inesauribile lotta delle soggettivi tà, intente a trascendersi ed oggettivarsi reciprocamente. Ci pare che la sequenza esaminata rappresenti efficacemente la dialettica dei sentimenti (vergogna, smarrimento, fierezza, orgoglio) che costituisce la struttura originaria del rapporto tra i soggetti rivelata dallo sguardo. E non a caso, dal momento che Hitchcock fa dello sguardo il centro tematico dei suoi film (4) e proprio nella dialettica degli sguardi individua la prefigurazione e il tramite del conflitto delle soggettività.

1) Nel brano citato si allude al fatto che lo sguardo non è necessariamente legato ad una determinata forma: Senza dubbio, ciò che manifesta piu spesso uno sguardo è la convergenza verso di me di due bulbi oculari. Ma uno sguardo può essere dato da un fruscio di rami, da un rumore di passi seguit i da silenzio, dallo sbattere di un'imposta, dal leggero movimento di una tendina" (Jean Pau l Sartre L 'et re et le néant, Paris, Gallimard, 1943; trad. i t. L 'essere e Il nulla, Milano, Il Saggiatore, 1965, pag. 327).
2) Sartre, op. clt ., pag. 328.
3) Sartre, op. cl t., pag. 336.
4) Il discorso non può essere approfondito in questa sede. Basterà osservare che alcuni importanti f ilm di Hitchcock tematizzano le distorsioni dello sguardo, più o meno patologiche, più o meno perverse, nel loro legame con le distorsioni della personalità, di cui sono insieme conseguenza e sintomo. Pensiamo a Rear Window (La finestra sul corti le, 1954), a Vertigo (La donna che visse due volte, 1958), e a Psycho (1960). Altri film poi figurativizzano l 'atto del guardare nel personaggio della spia, e lo narrativizzano negli intrighi internazionali e nei complotti familiari di cui Hitchcock è specialista.