Ping Pong

Ping Pong

Una storia vera (17)

L'episodio che parte con l'incendio-spettacolo e prosegue con l'accoglienza presso la famiglia, fino alla nuova partenza di Alvin, occupa una lunga parte del film. Circa 26 minuti, che è molto. Lo possiamo dividere scena per scena.

Quando Alvin riesce a fermare il tagliaerba, gli si fanno vicini gli spettatori dell'incendio. Uno di loro, Danny, conosce bene i tagliaerba, lavorava nel ramo, capisce che il mower è danneggiato, lo spostano nel giardino di casa, una grande casa con il prato davanti. La cinghia di trasmissione è rotta. Alvin dovrà fermarsi per sostituirla. Gli chiedono dove sta andando. A Mount Zion. È ben lontano, è nel Wisconsin, è oltre il Mississippi. Anche queste persone, come tutti, si sorprendono quando Alvin dice da dove viene, dove va, perché si muove con il tosaerba e per che motivo lo fa. E perché non ci va in macchina? Non ho la patente, dice Alvin. Va dal fratello che ha avuto un infarto. Gli chiedono da dove è partito e sono sorpresi che venga da così distante.

Il vecchio Verlyn chiede sapendo già la risposta: «Vieni da molto lontano, vero?». Alvin annuisce. Certo che viene da molto lontano, viene da tanto lontano quanto è lunga una vita intera: e questa è un'altra di quelle frasi che dicono due cose, una di superficie e un'altra di profondità.

Alvin è orgoglioso di dire che viene da Laurens, Iowa, e che è in viaggio dal 5 settembre, da cinque settimane. Ha dormito nel rimorchio? Alvin: «It's my rolling home», è la sua casa viaggiante, come i carri coperti dei veri coloni, dorme in un campo, non si muove di notte. Non ha paura? Alvin: «Ho fatto la seconda guerra mondiale in trincea. Perché dovrei aver paura a dormire in campo di granturco?». E viene così fuori un altro episodio della sua esistenza, la guerra. Accanto a Alvin, nell'inquadratura c'è sempre il vecchio Verlyn, vecchio quanto lui e, lo sapremo tra poco, anche lui soldato nella guerra.

Dopo questo interrogatorio, Danny offre ospitalità ad Alvin per la notte. Può accamparsi nel prato di casa. Durante il viaggio di Alvin, a segnare i rapporti con tutte le persone che incontra – salvo che con la signora ammazzacervi – sono due motivi. La sorpresa: chi è, da dove viene, dove va, come mai, perché viaggia sul tosaerba. E l'accoglienza: può restare qui, può passare la notte con qualcuno, nel campo con la ragazza incinta, tra i ciclisti, tra queste persone bendisposte anche con chi non conoscono. Il padrone di casa e la moglie gli tirano su una tenda, lei lavora il legno (come mia figlia, dice Alvin) e attacca alla tenda, con fare molto femminile, un rosso pesce di legno.

Si fa notte. Alvin si accende il sigaro, tira un bel sospiro soddisfatto, dev'essere contento di sé, guarda la casa con le finestre accese che si spengono poi fa quello che ha sempre fatto fin da bambino: guarda il cielo stellato, quel cielo stellato che ha aperto il film e che lo chiuderà.

[Inserto. «Da un pezzo si tacquero i gridi: / là sola una casa bisbiglia. / Sotto l'ali dormono i nidi, / come gli occhi sotto le ciglia. / Dai calici aperti si esala / l'odore di fragole rosse. / Splende un lume là nella sala. / Nasce l'erba sopra le fosse. / Un'ape tardiva sussurra / trovando già prese le celle. / La Chioccetta per l'aia azzurra / va col suo pigolio di stelle. / Per tutta la notte s'esala / l'odore che passa col vento. / Passa il lume su per la scala; / brilla al primo piano: s'è spento (...)». Pascoli, “Il gelsomino notturno”. La Chioccetta è la piccola costellazione delle Pleiadi.]

Schermo nero, poi è giorno e Alvin conta i soldi rimasti nel borsellino.