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(dis)Sequenze#22 - Hostiles: lo sguardo accecato

Uno sguardo cieco, orbato. Un'osservazione priva di sbocco, uno spazio che è proposto come meta, ma che non si vede, né si vedrà. Negato, in un impegno di rimozione. E non è una questione di inquadrature che dovrebbero essere logicamente giustapposte e invece non lo sono e neanche un problema di desiderio frustrato, quanto la semplice evidenza di una privazione storica. O meglio: una mancata evidenza.
 



Al termine del viaggio, il capitano Blocker (Christian Bale) e il fiero capo Yellow Hawk, divorato lentamente da un cancro (e interpretato da Wes Studi, che nei comunque esigui western dell'ultimo trentennio è più presente di quanto Sitting Bull non sia negli indici analitici dei libri di Storia), giungono nel luogo originario del cheyenne, la Valle degli orsi, secondo prescrizione giunta dall'alto; dal Presidente, addirittura. Come nel caso di mille pellicole sull'argomento, come fu anche per i Joad nel Furore fordiano quando giunsero in vista degli aranceti della California, il compimento del viaggio esige la soddisfazione dello sguardo.
 



In un modo o nell'altro (per i Joad, attraverso loro, per esempio). La macchina da presa di Scott Cooper, superata dal passo dei cavalli, segue i sette cavalieri fino quasi a premere alle loro spalle, sulla sommità dell'altopiano da cui si affacciano. Il lento movimento della cinepresa ha il suo reciproco nel controcampo, quando i cavalieri sono ripresi frontalmente, statuari e fieri di essere giunti fin lì. I piani si avvicinano ai personaggi, ritagliandone gruppi più piccoli: tutti osservano la valle sottostante. Yellow Hawk addirittura certifica di "non aver mai visto niente di più meraviglioso". Scende il silenzio della contemplazione. Le tre inquadrature in piano ravvicinato spingono con forza gli sguardi verso il fuoricampo, verso una meraviglia che non è stata ancora condivisa con lo spettatore, solo comunicata e compresa attraverso la lentezza solenne dei movimenti della macchina da presa, la tensione dei volti assorti nell'ammirazione e un'ipotesi di attesa destinata, sorprendentemente, a rimanere tale.
 



Stacco. Notte attorno a un falò. La valle è stata cancellata, non ha generato nessuna soggettiva, pur avendola motivata con una certa energia. Le inquadrature hanno sollecitato la visione per poi vanificarla. Da un lato, metaforizzano la frustrazione di un gruppo che in quella valle non ritornerà mai davvero, ma soprattutto, forniscono narrativamente la propria versione della tragedia dei nativi, semplicemente sottraendo ciò che ci si aspetterebbe per ragionevole conseguenza della messa in scena. 
 



Più che nella complessità del suo viaggio o nell'arco di trasformazione poco plausibile del suo protagonista, Hostiles è quasi tutto in questa soggettiva negata, nella cecità di un campo invocato, auspicato e invece totalmente represso. È la privazione di un popolo, di quella meraviglia acquisita per diritto antropologico e successivamente strappata, per puro arbitrio. Ciò che rimane, nel film, nella Storia, oggi come allora, sono solo i fantasmi di uno sguardo incantato e desideroso che fornisce un senso ai bordi dell'immagine senza ottenerne alcuna soddisfazione.