(dis)Sequenze

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(dis)Sequenze#27 - CGN: computer-generated narration

 

Non che si possa considerare una tendenza. Però siamo al terzo esempio (Unfriended del 2014, Profile e Searching del 2018) e un quarto si staglia all'orizzonte dell'anno appena iniziato (Unfriended: Dark Web, remake del primo, in uscita ad aprile).

 

Sono film direttamente narrati al (e col) computer, sfruttano la nostra partecipe quotidianità e il tessuto di segni, brand e icone che utilizziamo mentre sorseggiamo un caffè, leggiamo una notizia, ci grattiamo un orecchio perché ci prude, pensiamo a che palle sia quella giornata.

 

Qualcuno lo considera un filone del mockumentary, qualcun altro del found footage, ma il numero crescente di questi lavori comincia a delineare una propria specificità. In realtà, al momento, si potrebbe circoscrivere tutto come una tendenza esclusiva di Timur Bekmambetov, poiché è regista di uno (Profile) e produttore degli altri tre. Ma si può scommettere che non rimarrà per molto così esclusiva, visto il relativamente basso budget richiesto e l'altrettanto relativa immediatezza di realizzazione (per un nerd particolarmente abile accompagnato da uno sceneggiatore un po' scafato).

 

È peraltro un segno dei tempi e sorprende solo il fatto che il primo esempio sia giunto solo quattro anni fa. Forse perché è necessario che la sceneggiatura sia davvero buona, forse perché è un tipo di narrazione piuttosto rigido che forza i bordi del cinema, costringendolo a una totale coincidenza con lo schermo del computer. Fatto sta che qualcosa si è mosso e che anche nel suo piccolo questo tipo di narrazione muta il segno dei significanti e scuote le consuetudini delle aree espressive. Tanto più che la macchina da presa è diventata inutile, un ammennicolo superfluo.

 

Prima che a qualcuno venga in mente di parlare della (ennesima) morte del cinema, questa rubrica ha deciso di stilare un paio di appunti in corso d'opera, giusto per tracciare alcune peculiarità se questo tipo di racconto per immagini dovesse diventare effettivamente una tendenza.

 

E lo ha fatto utilizzando le stesse armi. Non certo per sfida, ma con un occhio partecipe che pur avendo apprezzato alcune scelte espressive e drammatiche è convinto che non si tratti, né possa trattarsi, di una cosa seria. O almeno se lo augura.