Viene inaugurata, sotto la direzione di Giacomo Gambetti e in data insolita, la XXXIV Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (che si chiuderà il 15 novembre, senza che vengano assegnati premi), ma il periodo è tutt’altro che tranquillo.
Nel 1972, in opposizione alla mostra “ufficiale”, si sono tenute in città le Giornate del cinema italiano, organizzate direttamente dagli autori (Anac e Aaci) e nel 1973 si è dimesso il commissario (non è direttore) Gian Luigi Rondi, “colpevole” tra l’altro, lui cattolico integralista, di aver presentato I diavoli di Ken Russell.
Salta la manifestazione, sostituita di nuovo ma meno felicemente dalle Giornate, anche perché lo statuto della Biennale è ancora fermo in Parlamento, immutato dal periodo fascista. Scrive nell’occasione “La Stampa”: «Chi ha partecipato alle polemiche contro lo statuto fascista e ne ha ottenuto finalmente la distruzione spera che la rottura degli argini dia una benefica alluvione di cinema per tutti. Ma il direttore di sezione, Gambetti, si affretta a spiegare: “Guardate, è una prova, un assaggio. Sperimentiamo una formula che dovrà distendersi nell’arco di quattro anni”».
Non mancano le novità: proiezioni decentrate rispetto al cuore della città; programma che comprende documentari italiani e stranieri antifascisti, film dell’America Latina, film femministi; personali per Buñuel e Antonioni; ingressi a 100 lire. Come non mancano le polemiche: tutti contro tutti. Ma il prudente Gambetti mantiene l’esile bastone di comando sino al 1976 e con esso buona parte delle promesse.