L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

La signora di Parigi

Viene spontaneo iniziare dalla (provvisoria) conclusione: il più recente film interpretato dalla nostra ottantasettenne attrice, e quando diciamo nostra intendiamo non solo un mito generazionale nato all'insegna di Louis Malle, ma anche per i grandi registi che l'hanno “adottata”. In A Lady in Paris, titolo improbabile per l'originale Une Estonienne à Paris di Ilmer Raag, Jeanne Moreau ha superato di gran lunga l'ottantina, ma pure in una parte da deuteragonista – pretenziosa, presuntuosa, supponente, esigente, insomma un po' stronza, per poi redimersi nel finale – domina ancora la scena, come mezzo secolo prima, ai tempi appunto di Malle.

Se in Ascensore per il patibolo (1958) a dominare è il perfetto meccanismo a orologeria che coinvolge lei stessa, in Les amants (stesso annus mirabilis) a dominare è solo lei, contesa da tre uomini mediocri (non dubitiamo che anche l'ultimo si rivelerà tale). Qui Jeanne ha solo trent'anni ma sa dimostrarne quaranta (le capiterà anche nella antonioniana Notte) e questo rilevano gli spettatori, accentuando il senso della trasgressione in quella sequenza amoroso-erotica che resta un record per intensità e lunghezza: ben 15 minuti tra l'immagine iniziale dei due bicchieri che si salutano e delle due mani che si cercano e si stringono e l'immagine finale dei due corpi appagati che restano avvinghiati nel letto (nel frattempo una lunga passeggiata tra boschetti, anfratti e cascatelle, un lasciarsi andare sul fondo di una barca, un ritorno clandestino alla dimora e – scandaloso tocco finale prima dell'amplesso – lei che rimbocca le coperte al figlioletto dormiente).

Soltanto una grande attrice può reggere la parte essenzialmente statica di questa borghese viziata ed egoista, insoddisfatta per natura ed educazione, e solo quattro o sette anni dopo trasformarsi in quelle due icone della giovinezza gioiosa e prorompente che sono la donna libera e spregiudicata di Jules e Jim (merito di Truffaut?) e la rivoluzionaria sfrenata (tale da far sfigurare Brigitte Bardot) di Viva Maria! (merito, ancora, di Malle?).

Il suo lavoro, che già conta la proclamazione a Cannes come miglior attrice per il misconosciuto ma splendido Moderato cantabile di Peter Brook, proseguirà ad altissimo livello con il Losey di Eva, di Mr. Klein e di La truite, con il grande amico Welles di Il processo, di Falstaff e di Storia immortale, con il Buñuel di Il diario di una cameriera, ancora con il Truffaut di La sposa in nero, con il Fassbinder di Querelle, con il Wenders di Fino alla fine deI mondo, con l'Angelopoulos di Il passo sospeso della cicogna, fino all'Ozon di Le temps qui reste, qui in veste di nonna, preludio appunto alla degnissima vieille dame indigne (è sempre una questione di età) di Ilmar Raag.

Siamo a un passo dall'Olimpo.