Se ne va, a soli 57 anni, Umberto Barbaro, e con lui scompare una figura insostituibile della teoria e della prassi.
Accomunato nella memoria collettiva al ben più duttile e manovriero Luigi Chiarini, con lui in effetti condivide una serie di esperienze: la fondazione nel 1936 del Centro sperimentale di cinematografia, l'insegnamento in codesta sede, l'avvio nel 1937 della pubblicazione della rivista Bianco e Nero.
Nominato nel 1945 commissario straordinario del Centro, ricopre la carica sino al 1947, quando, dopo aver diretto il solo primo numero del rinato Bianco e Nero, ne è allontanato per motivi politici, in dispregio del movimento neorealista di cui è strenuo fautore e a maggior gloria del potere democristiano.
Poteva capitare di meno a un marxista dichiarato, a colui che per primo aveva studiato, in epoca non sospetta, il cinema sovietico e ne aveva tradotto gli studi fondamentali di pericolosi sovversivi quali Pudovkin e Ejzenštejn, nonché di Arnheim e Balázs (ma anche di von Kleist, Bulgakov e Wedekind)?
Veniva da lontano, il siculo Barbaro: a soli 20 anni direttore di una rivista culturale, a 25 animatore del futuristico Movimento Immaginista, poi con Bragaglia al Teatro degli Indipendenti, prima che a 35 il cinema lo assorbisse completamente.
Si cimenterà anche dietro la macchina da presa, ma, meglio del lungometraggio L'ultima nemica (1938), appaiono (anche grazie alla consulenza di Roberto Longhi) i documentari d'arte Carpaccio (1947) e Caravaggio (1948), né lasciano gran traccia le collaborazioni come sceneggiatore di Alessandrini (Seconda B., 1934), di Palermi (La peccatrice, 1941), Chiarini (Via delle cinque lune, 1942; La bella addormentata, 1942; La locandiera, 1943) e persino di De Santis (Caccia tragica, 1948).
Non si può invece prescindere ancor oggi dalla sua attività di teorico, storico e critico (veste in cui collabora a l'Unità, Vie Nuove, Filmcritica e, anche come direttore, L'Eco del Cinema). E richiamare l'attenzione degli immemori studiosi odierni su Film: soggetto e sceneggiatura (1939), Il cinema e l'uomo moderno (1950), Poesia del film (1955) e soprattutto sui numerosi libri postumi: Il film e il risarcimento marxista dell'arte (1960), Servitù e grandezza del cinema (1962), Il cinema tedesco (1973), Neorealismo e realismo (1976). Ce n'è da imparare.