Esce nelle sale cinematografiche, sulla scia di un inflazionato Leone d’argento ottenuto a Venezia, I vitelloni di Federico Fellini.
È il secondo film firmato per intero dal futuro “maestro riminese”, dopo la mezzadria di Luci del varietà, attribuibile stilisticamente al solo Alberto Lattuada, e lo sfortunato ma promettente Sceicco bianco. Ha anche una notevole distribuzione internazionale (The Young and the Passionate negli Stati Uniti; The Drones in Inghilterra; Die Müssiggänger in Germania; Los inutiles in Spagna; Les vitelloni in Francia).
Piace soprattutto ai giovani, che si identificano in Moraldo, e confidano nell’annunciato seguito, Moraldo in città, per realizzare le loro speranze, e invece si ritrovano, sette anni dopo, nei gorghi de La dolce vita, pellicola sopravvalutata quant’altri mai.
Nessuno comunque potrebbe prevedere gli sviluppi della filmografia felliniana se non sapendo leggere nel mascherone carnevalesco che un Alberto (Sordi) ubriaco, e con il trucco che gli cola, trascina per le strade del borgo natio.