L'altra faccia delle lune

Almeno due sono le vecchie attrici extralarge, quasi pachidermiche, del cinema italiano, entrambe appartenenti a nobili stirpi dello spettacolo, ma, mentre di Ave Ninchi (cugina di Annibale e di Carlo, padre di Arnaldo) resta viva la memoria grazie a frequenti passaggi televisivi dei suoi film, non altrettanto si può sostenere per la ben più dotata e articolata – nonché più anziana di una ventina d'anni – Ada Dondini (discendente addirittura da un Carlo attore, morto nel 1827) la cui unica immagine per i più tramandata riguarda Piccolo mondo antico (1941): l'arcigna marchesa Maironi, incurante inizialmente della nipotina, l'”Ombretta sdegnosa del Mississipì (non far la ritrosa e baciami qui)” di rossiniana prima ancora che di fogazzariana (e di soldatesca) memoria, e poi smossa dalla tragedia. I più avvertiti la ricordano anche come Fosca Salvador in Malombra (1942) dello stesso Soldati e in un terzo titolo di punta del cinema “calligrafico”, Zazà (1944) di Castellani, ove era la madre.

Certo, da lei che aveva esordito nel cinema nel 1935, con Amo te sola di Mattòli, e che aveva ben figurato con lui anche in Ore 9: lezione di chimica (1941), risultando di nuovo memorabile come direttrice Geltrude in Gian Burrasca (1941) di Sergio Tofano, per poi sacrificarsi nel dopoguerra come pingue macchietta o poco più in qualche film con Totò (I due orfanelli, Fifa e arena, Totò sceicco, Totò terzo uomo, tutti di Mattòli), ci si poteva aspettare qualcosa di più, all'altezza del suo passato sul palcoscenico.

Ada (vero nome Itala), nata in questo giorno, casualmente, a Cosenza, ove la compagnia dei genitori era in tournée (evento un tempo assai frequente fra i teatranti), scritturata giovanissima da Ruggero Ruggeri, dopo una bella esperienza nel repertorio goldoniano, fu dal 1920 e per quasi vent'anni accanto ad Armando Falconi, raro esempio di attaccamento a un capocomico: attrice d'istinto, simpaticamente spiritosa, brillante, specialista del genere comico-sentimentale, capace di adeguarsi nei ruoli man mano che, da figuretta, il suo fisico assumeva una notevole corpulenza e di affrontare anche il teatro di rivista, recitando tra l'altro accanto alla Magnani.

L'intuizione iniziale viene confermata dalla provvidenziale e spesso generosa Wikipedia: «Nei panni di arcigne e ciniche nobildonne, tenere governanti devote, antiquate zitelle o mamme bonarie, la Dondini spiccò come caratterista in decine e decine di film. I personaggi che interpretò diverranno il prototipo di quelli che negli anni '50 saranno ad appannaggio di Ave Ninchi (non a caso interpretarono il medesimo ruolo della signorina Mattei in Ore 9: lezione di chimica e nel remake Le diciottenni) ma che l'attrice calabrese [sic] tratteggiò con minor veracità rispetto alla marchigiana, fornendo quel tocco di innata eleganza, stile misurato e pudico che la contraddistinsero fino al termine della carriera».